Bang Face ’16: Now That’s What We Call Bang Face

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Ormai lo sapete benissimo che il Bang Face Weekender è il nostro rave preferito. L’abbiamo seguito fin dalle prime edizioni sulle coste della Manica, per poi correre in Cornovaglia e infine risalire a Southport.
La hard crew agli ordini di James Saint Acid Gurney continua a mantenere un livello altissimo, incredibile se consideriamo la totale assenza di sponsor e media partner.
Il Bang Face è la celebrazione di tutto ciò che nel mondo della musica elettronica è ancora puro; a queste spiagge i modaioli in nero non si avvicinano nemmeno. Qui vincono il colore, la fantasia, il fottutissimo sacrosanto bisogno di non prendersi sul serio!
Scrive a proposito Kevin Martin sul suo profilo FB: “For fans of AFX, Hellfish, Remarc, Underground Resistance etc, you have a mecca…I mean where else are you gonna see Venetian Snares, Big Narstie and Venga Boys on the same bill….??????
Esatto c’erano pure i Venga Boys, e quella che giovedì doveva essere una piccola festicciola per ingannare l’attesa del festival vero e proprio, si è trasformata in un’orgia fluo dai contorni breakcore.
When Pop fails recita il motto di quest’edizione improntata sul sound più fracassone e un mash-up scorrettissimo. Shitmat, Jason Forrest aka Dj Donna Summer, Dave Skywalker sono il perfetto esempio di ciò che ha raccontato Riccardo Balli nel suo Frankenstein goes to Holocaust (ne avevamo parlato qui): le citazioni cinematografiche, i furti sonori, gli stupri mainstream, vengono frullati in cortocircuito senza nessun rispetto di regole o pentagrammi. Premio Oscar a BFTV per aver trasmesso uno speciale sulla poetica degli Scooter.

Nonostante l’impostazione del Bang Face sia ultracollaudata, i ragazzi hanno deciso di accontentare la fascia più giovane del pubblico spostando il baricentro dall’old school rave britannico all’hardcore continentale. Una scommessa non da poco, che è costata qualcosa in termini di presenze, ma che ha amplificato ancora di più l’euforia festaiola. Nel pub, dove non c’è stato altro verbo all’infuori della gabba, la pista è rimasta affollata per tre giorni di fila!
Evento nell’evento, la cerimonia di apertura in cui abbiamo assistito al matrimonio di uno dei nostri eroi: Mark Archer. Marcia nuziale in chiave 303 composta da Skywalker, sposa in abito bianco e mascherina A, testimoni battezzati con un bagno gelido come nemmeno in Amici Miei. Master Of Ceremony: Saint Acid.
Ad animare il banchetto ovviamente gli Altern8, su cui vola davvero qualsiasi cosa (cavolo se fanno male quelle dannate bottiglie gonfiabili!).
Venendo al sodo il 2016 ha registrato una netta predominanza dei djset sui live, tra i quali svetta l’inossidabile classe di Miss Djax, prime mover techno della scena olandese, che ha ancora la passione di preparare una succosa borsa di dischi (vinili non pennette al sugo) e incastrare perle come Acid Phase di Emmanuel Top facendola brillare di attualità, evitando la mossa scontata del disco storia. La tecnica sciolta è al servizio di un flusso di coscienza spinto da bassline gorgoglianti. A introdurla al meglio ci ha pensato un’altra leggenda, Mr. C (ex Shamen), con una progressione di ritmi e atmosfere lisergiche da manuale. Mark Archer come sempre è stato il grande narratore dell’Odissea Uk rave. Anche Perc & Truss mettono da parte per una volta il loro sound lavatrice piena di mattoni per rendere omaggio alla tradizione ‘ardkore. Chi invece non ci ha convinti ai piatti, tradendo le altissime aspettative, sono stati Marc Arcadipane/The Mover che in entrambi gli show ha svolto il compitino con un Traktor set delle sue tracce storiche, e Joey Beltram che per rispetto ci limitiamo a definire confuso.

Per quanto alle performance dal vivo invece, è stato un godere molto forte. Venerdì a tenere banco è stato Shigeru Ishihara, Dj Scotch Egg, musicista attivo su mille progetti (suona pure coi Seefeel), che domina la folla con un paio di Gameboy ed effetti vari. Hard/emocore in festa noise 8bit. Del sabato invece ricorderemo il tentativo di scatenare uno sciame sismico da parte di The Bug, il quale, dopo aver fatto aggiungere altre casse all’imponente Funktion One, molesta basse frequenze attraverso scariche di rumore bianco. Nella sala giochi accanto le slotmachine pisciano monetine.
I Rotterdam Terror Corps ci ricordano la gioia di un’adolescenza zarra esibendo beats anthemici (hardcore hooligan, army of hardcore, always hardcore ecc…), smandrappone ignude e mangiatori di fuoco. Dal punto di vista tecnico non è stato altro che un karaoke di hits durante un lancio serrato di gadget, ma l’impatto dello show è andato oltre il degenero!!
Per l’ultimo giorno pare tutto orientato a esaltare gioia e allegria grazie alla psichedelia acid di Ceephax Acid Crew, e alla superba performance degli 808 State. Poi succede che sale in consolle Venetian Snares a esibirsi dal vivo per la prima volta in carriera. Scordatevi la speedjungle e qualsiasi altra amenità: un’ora di malessere spirituale, angoscia comandata mediante manopole e cavetti. Un sound cupo, pesante, che zittisce qualsiasi desiderio di felicità. Proporlo come ultimo guest del weekend significa avere coraggio sul serio.
Dopo tutti questi anni è difficile trovare nuove parole per descrivere cosa rappresenti per noi il Bang Face. Se termini come purezza, divertimento o famiglia vi suonassero già sentiti perdonateci; probabilmente per rendere al meglio l’idea avremmo dovuto più semplicemente pubblicare la foto del sorriso che ci ha deformato la faccia per l’intero fine settimana.

Federico Spadavecchia

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