Die Welt ist Klang: Speciale Pete Namlook pt. I

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Fu Brian Eno intorno alla metà degli anni ’70 a ridefinire il valore della musica per ambienti, trasformando la Muzak in Ambient.
Egli riteneva che questa musica dovesse far risplendere l’ambiente in cui veniva riprodotta, apportando nuovi stimoli e ricavando spazi dedicati alla riflessione da parte dell’ascoltatore.
Il suono esercita influenza e diviene atmosfera, fondendosi con lo spazio, coprendo diversi stati emozionali del pubblico.
Ma se l’ex Roxy Music si riferiva principalmente a luoghi chiusi e definiti come gli aeroporti, fu il tedesco Pete Namlook a estendere il concetto al di là della stratosfera.
Peter Kuhlmann nasce nel 1960 a Francoforte sul Meno, che nei primissimi anni ’90 diventa una delle principali roccaforti della techno nel vecchio continente.
Troppo bianca rispetto all’alliance Berlin – Detroit, ma troppo mentale se paragonata con lo spietato brutalismo belga, e comunque troppo hardcore in confronto all’acid britannica, la techno di Francoforte conia nuovi termini con cui misurarsi: hard trance e acid trance.

Siamo nel 1992 quando, dopo aver speso gli anni ’80 nella band new age Romantic Warrior, Peter si ribattezza Pete Namlook e fonda la sua label chiamata semplicemente FAX +49-69/450464, il numero a cui contattarla.
Niente battiti feroci o giri di basso in 303, l’artista tedesco si fa guidare dalla natura e dagli studi classici presso la Goethe University, dedicandosi a liberare le potenzialità nascoste dei sintetizzatori analogici.
Fin dalla relase numero uno, Silence (uno dei primissimi album a essere rilasciati unicamente su cd), appaiono chiari i punti fermi della sua linea produttiva e poetica. Innanzitutto l’importanza delle collaborazioni, Namlook qui divide lo studio con Dr. Atmo, il primo di una serie quasi infinita di coinquilini, quindi le lunghe trame solennemente malinconiche che rimandano all’esplorazione di galassie lontane in solitudine, sullo sfondo di una tinta (per usare un termine caro a Eno) nera in cui brillano le stelle dell’universo.
Prolifico come pochi altri artisti al mondo arrivava a pubblicare album con cadenza settimanale (non tutti indimenticabili), tra cui ricordiamo il mistico esotismo di Air (1993), la gelida introspezione di The Fires of Ork (1994 e 2000) composto a quattro mani con Geir Jenssen alias Biosphere, Shades of Orion (1993 e 1995) col giapponese Tetsu Inoue, in cui l’ambiente cosmico sconfina in quello onirico.
Come non citare inoltre il sodalizio con un altro incredibile personaggio di Francoforte, Uwe Schmidt ovvero Atom Tm, con il quale costruisce Jet Chamber, cinque pubblicazioni tra classicismi ambient e approcci soft rave in break beat vicini al Selected Ambient Works 85-92 di Aphex Twin (e che verranno ripresi nei lavori al fianco di Move D).

Gli incontri di Namlook con Richie Hawtin e Klaus Schulze sono cerchi intrecciati tra loro che vanno a chiudere discorsi sulla storia del genere.
From Within è il risultato di tre pubblicazioni in cabina di regia con Mister Plus 8, e si pone sulla scia dei kosmischen Kuriere degli anni ’70, rispettandone canoni e geometrie assumendo l’aspetto di un neo classicismo elettronico al limite del manierismo.
The Dark Side Of The Moog conta la bellezza di undici release in compagnia dell’ex Tangerine Dream. Andando oltre l’ovvia citazione dei Pink Floyd ci troviamo immersi in un placido oceano notturno pronto a incresparsi e agitarsi progressivamente al soffio di caldi venti orientali trascinandoci chissà dove.
Tra le collaborazioni più sorprendenti come dimenticare quella con Robert Gorl dei DAF oppure quella con l’artista reggae (nonchè vocal coach di X Factor Italia) Gaudì.
Pete ci lascia ad appena 52 anni nel novembre 2012 con un’eredità di duecento uscite e dozzine di progetti in un connubio di naturalismo e passione per la fantascienza, che forse non avranno venduto moltissimo ma che hanno certamente ispirato centinaia di musicisti ad imbracciare i loro sintetizzatori.

Federico Spadavecchia

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