Die Krupps “The Machinists of Joy” (Synthetic Symphony)

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L’omaggio a Lou Reed racchiuso nella copertina di questo nuovo album dei teutonici Die Krupps non poteva arrivare in un momento più appropriato. Non pensiate, tuttavia, ad una tardiva celebrazione di tipo opportunistico: il disco è uscito due giorni prima della dipartita dell’ex-Velvet Underground. Metal Machine Music è, d’altronde, anche il titolo di uno dei più fortunati hits del gruppo di Düsseldorf, da sempre tra i pionieri del connubio fra rumore, elettronica e rock pesante in Germania.
Il brano d’apertura, Ein Blick zurück im Zorn, suona quasi come una dichiarazione d’intenti da parte di Jürgen Engler e soci, forse a causa di quel successo che non gli ha mai veramente arriso, nonostante i trent’anni abbondanti di carriera: “Uno sguardo indietro con rabbia / E poi non resta che andare avanti”.
I consueti toni epici ed eroici si riproducono con successo attraverso le nuove canzoni, dalla title-track a Im Falschen Land, dalla potente Nocebo alla conclusiva Im Schatten der Ringe, passando per Robo Sapiens, che ha un qualcosa dei Rammstein più melodici. Nazis auf Speed addirittura da l’impressione di essere una vera e propria parodia di quest’ultimi, con tanto di chitarroni thrash metal ed un coro che ripete “Rammt Sie! Rammt Sie!” (visto che si parla di speed, potremmo tradurlo con “Calatelo! Calatelo!”).
La componente rock nella musica dei Die Krupps si è comunque rarefatta fino quasi a sparire, restituendoli all’universo nel quale sono nati, quello dell’elettronica. Lontani sono i giorni in cui sembravano una versione industrial dei Metallica, con tanto di Jürgen Engler che imitava James Hetfield nel cantato. L’EBM di Part of the Machine, di Schmutzfabrik e della fantastica Risikofaktor è vario, articolato ed alieno alle mode teutoniche imperanti nella scena. Il clangore metallico dello Stahlophon, lo storico xilofono di listelli d’acciaio industriale inventato proprio dai Die Krupps, aggiunge quel tocco unico e personale al sound.
Dopo tanti anni d’assenza, questi instancabili concittadini dei Kraftwerk danno prova di aver ancora molto da dire, e lo fanno con una manciata di canzoni ben costruite, ricche di melodia e ritmo. Qui non troverete niente per anonimi dancefloor invasi di personaggi ricoperti da tubi di plastica fosforescente.
La versione limitata in cofanetto con bonus CD aggiunge al menù le cover di Panik dei pionieri electro-punk francesi Métal Urbain e di Industrie Mädchen della cult-band tedesca S.Y.P.H., certamente tra gli ispiratori originali dei Die Krupps. Altra curiosità è San Fin, che vede come ospite speciale Geoffroy D. dei Dernière Volonté. A dir poco sorprendente che Jürgen Engler, autore di canzoni di veemente accusa contro il passato nazista del suo paese come Fatherland e Germaniac, collabori con uno dei gruppi dell’etichetta di Der Blutharsch, sul cui orientamento politico non ci sono mai stati molti dubbi. Forse la svolta hippie di quest’ultimo l’ha definitivamente sdoganato verso l’establishment musicale…

Simone Valcauda aka Simon Valky

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