Bang Face ’09: We’re the Hard Crew and yes, We Know the Score

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Prendi un treno, una metropolitana, un’automobile, un’altro treno, ancora un pulman, un aereo, aredaje col bus, la metro, due treni e da capo il pulmino. Dieci ore di viaggio e altrettanti chili persi, ironia della sorte, nel camallarsi quell’unico bagaglio da stiva pieno solo di roba da mangiare, ma alla fine quando ti trovi davanti alla colossale figura di Gabba the Hutt (un lucertolone gonfiabile alto non so quanti metri) capisci che ne è valsa la pena: questo è il Bang Face!
Se il Bloc Weekend può essere a ragione definito IL Festival, il Bang Face è IL Rave: organizzato in uno dei residence Pontin’s, si trova a Camber Sands, un paesino del Sussex proprio sulla Manica che tra un’incantevole spiaggia di sabbia e conchiglie, un sole assurdo e prati verdi ospita per il secondo anno consecutivo la grande festa messa in piedi dalla leggenda locale Saint Acid.
E appunto l’Acid è il tema principale inteso sia come suoni che come attitudine, qui siamo in pieno 1992 e il pubblico è formato da ragazze e ragazzi gioiosi, vestiti come per un party di carnevale sulla luna, col sorriso e la birra sempre in bocca.
Per tre giorni la parola Rave torna al suo primitivo significato etimologico: Delirio!!
Con le chiavi dell’appartamento ci viene donato anche un pacco di benvenuto comprendete: un frisbee, una tazza da tea (obviously!), occhiali 3D, spille e una confezione di saporiti (forse…io son rimasto fedele ai miei Barilla) Alphabangi Spaghetti.
A dare il via alle danze è il compagno di sbronze che tutti vorrebbero avere: Andy Ceephax Acid Crew Jenkison.
Un palco gigante che faticava a contenere tutta la sua attrezzatura (per non parlare dei giocattoli che venivano lanciati ai ballerini): Tb 303, Tr 909 e 707, SH 101 eccetera eccetera eccetera. Ceephax ha settato gli standard dell’evento: Hardcore Acid for a motherfucker Mentalism time!!!
Raccontare per intero questa esperienza sarebbe impossibile senza farsi prendere dall’entusiasmo dei ricordi e iniziare a saltare sulla sedia (un pò come ha fatto nei prati un ragazzo sabato pomeriggio dopo avere aspirato del gas da un palloncino…), quindi da bravo reporter cercherò di concentrarmi soprattutto sugli elementi più rilevanti dal punto di vista artistico musicale.
Per prima cosa va sottolineato come praticamente nessuno, escluso Kevin Saunderson comunque giustificato, usi Traktor per fasulli dj set alla Hawtin e i suoi derivati: qui si fa sul serio con vinili e macchine analogiche ed il Pc quando viene impiegato è per aggiungere nuove sfumature e non per risparmiare fatica a mixare.
Surgeon è l’esempio definitivo di quanto detto: mixa con pc e vinili indifferentemente e costruisce uno dei set più belli del festival pardòn rave! Tra l’altro l’uomo in maschera supporta anche la mia idea che è molto meglio quando lavora da solo che non in compagnia come ad esempio con Ben Sims e Frequency 7, un live troppo monotono che non mi ha del tutto convinto, e sorprendentemente meglio di quanto fatto sotto l’alias dei British Murder Boys in coppia con lo storico partner Regis.
Gradevoli conferme il dj set di IF nelle vesti di Beverly Hills 808303, valvola di sfogo del suo lato acid, la performance istrionica di Otto Von Schirach, e le martellate breakcore di Venetian Snares.
Sul versante dubstep invece è sempre più convincente il progetto portato avanti dal giovanissimo Rustie che riesce a fondere insieme suoni inusuali (addirittura del pop anni ‘80 sfruttando i classici synth aperti del genere) negli ultrabassi.
Su Skream poi c’è forse ancora qualcosa da dire?
E’ lo Sven Vath del dubstep: carisma da vendere e sempre a cavallo tra i pezzi più catchy e quelli più oscuri. Con lui in consolle la gente accorre in massa e va sempre fuori di testa.
A conquistare il mio cuore sono però Caspa e Zomby, il primo con una selezione tagliagambe da perderci fiato e cervello (con tanto del suo remix di Wrong dei Depeche Mode), quindi il secondo, vero homo novus della scena, capace di passare da ritmiche dirtte dal sapore old school (d’altronde il suo album di debutto si intitola giustamente Where were you in 1992? ) a battiti futuristi ancora inesplorati.
Finiamo col capitolo sulle leggende, se da una parte ho sentito poco di un Alec Empire bello cattivo, dall’altra mi son potuto godere per intero il live degli 808 State, ormai dei signori di mezza età con tanto di pancia e fiatone, ma ancora in grado di regalare forti emozioni suonando tutto il loro repertorio dal vivo con tastiere, tamburi e chitarre.
Parziale delusione Kevin Saunderson che sul più bello si vede staccare i piatti da un security troppo zelante, e povero Lory D sfortunato a romepersi una gamba e a dover per forza restare a riposo. Radioactive Man, invece, proprio una chiavica ma ahò uno su mille ci può anche stare.
Degli Altern 8 invece sono innamorato pazzo e, a differenza del Bloc dove avevan proposto il dj set, qui sono con il loro live quindi tutti a saltare intonando Evapor8, Move your body e Frequency.
Per concludere dobbiamo davvero ringraziare Saint Acid e la sua Hard Crew per averci fatto questo meraviglioso dono che è il Bang Face: in queste notti (e anche in questi giorni grazie agli impianti privati che hanno permesso di montare negli chalet) abbiamo giocato tutti insieme con l’unico scopo di sentirci uniti e ritrovare un’innocenza ormai perduta o quanto meno dimenticata in fondo a noi stessi, arrivando a comprendere la vera essenza del termine Rave.

Federico Spadavecchia

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