Cocoricò tapes: visioni dalla discoteca più famosa degli anni ’90

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La Nuova Cinematografica Gioiello sempre più protagonista del controverso e variegato underground genovese. Al secondo anno di attività non c’è solo cinema d’avanguardia, ma anche numerosi imperdibili appuntamenti con la musica elettronica.
L’ultimo andato in scena ha riguardato la proiezione di “Cocoricò tapes”, documentario sugli anni d’oro della discoteca più famosa degli anni ’90, con la speciale presenza del regista Francesco Tavella.
Rispetto agli altri film italiani sulla club culture, l’opera di Tavella ha il pregio di essere diretta e mai ego riferita, montando i molti contributi ritrovati in cantine abbandonate (quelle di Match Music) e nelle case dei vecchi clubber, vicino alle riprese del battesimo dei figli, in un flusso di input e immagini tanto eccitante quanto coerente, capace di rendere chiara l’atmosfera magica vissuta dagli avventori anche a chi, per ragioni anagrafiche o, banalmente, di interessi differenti, non l’ha mai sperimentata in prima persona, guidato da un’intervista, che diventa voce narrante, a Loris Riccardi, art director e vero deus ex machina del Cocco.
Il non volersi soffermare sulla musica e i suoi protagonisti può essere senza dubbio giudicato il punto debole della narrazione (nemmeno la soundtrack originale di Matteo Vallicelli va incontro ai suoni dell’epoca), perché senza quei riferimenti diventa difficile, anche da un punto di vista temporale, fissare dei punti per comprendere le vicissitudini della faccenda discotecara.
D’altra parte, però, una scelta del genere mette in risalto quanto l’epopea del Cocoricò, attraverso visioni quasi mitologiche, sia entrata nell’immaginario collettivo della gente comune, un immenso fenomeno sociologico andato oltre la nicchia degli adepti, e che ha influenzato le idee stesse di “locali”, “tendenza” e “arte situazionista” soprattutto in un Paese conservatore come il nostro. Un crocevia di estremi edonisti e intellettuali. La Riviera romagnola più celebrata di Ibiza e Berlino messe assieme.
All’inizio della storia Loris e i suoi amici erano dei ventenni a cui erano state date le chiavi di una discoteca dalla vita altalenante. A metà anni ’90 il simbolo rendeva subito chiaro a chiunque nel mondo di cosa si stesse parlando. Si contavano circa 500 mila frequentatori l’anno.
Cocoricò tapes” non è quindi un documentario di approfondimento per chi conosce già molto bene la materia, bensì vuole essere una testimonianza di un miracoloso momento di libertà creativa in uno spaccato di storia italiana da lasciare alle nuove generazioni, spingendole, partendo da una stimolazione visiva, a provare a replicarla (e magari andare a cercare nomi e dischi) creando contenuti inediti per dare vita a nuove leggende.

Federico Spadavecchia