Per stare in termini biblico-rastafariani, muoia Sansone con tutti i Filistei.
Si sperava infatti che il dub monumentale dei King Midas Sound potesse far crollare il Palazzo del Ghiaccio sul pagliaccesco mercatino che si svolgeva all’interno; e in effetti le vibrazioni sub basse orchestrate da Kevin Martin stavano cominciando a svellere porzioni del controsoffitto in cartongesso (è vero).
Purtroppo così non è avvenuto, il Palazzo del Ghiaccio è rimasto in piedi e ci siamo dovuti accontentare dello spazio angusto ritagliato ai margini dell’ordinario intrattenimento milanese.
Comunque sia, Kevin Martin è un produttore raro, e non manca di farlo sentire anche in queste circostanze. Egli porta sul palco uno studio di registrazione dub al completo: banco analogico, synth, effetti eco e la flebile voce di Roger Robinson riescono a rievocare, come da una infinita lontananza, uno spirito scuro e selvaggio.
Bassi da pugno nello sterno e da nodo alla gola fanno da tappeto a risonanze taglienti che a volte si condensano in muri di rumore bianco; il tutto regolato da un incedere maestoso proprio di chi è giunto alla piena consapevolezza del proprio valore e dei propri mezzi.
Alla fine, nello scendere dal palco, si è anche applaudito da solo; probabilmente conscio del fatto che i (troppo) pochi presenti non sarebbero stati in grado di farlo adeguatamente.
C’è da chiedersi chi sarebbe in grado di salire dignitosamente sul palco dopo di lui, e l’arduo compito spetta al partenopeo Dave Saved, che propone un live set techno synthedelico senza infamia e senza lode, impossibilitato a scalfire le orecchie dopo il possente aratro dub dei King Midas Sound.
L’attesa a questo punto è per Svengalisghost, parte della famiglia L.I.E.S. Records che sta facendo (giustamente) drizzare le orecchie a tutti coloro che sperano in una nuova generazione di acid house dura e pura, lontana dalle orge di software che stanno ammorbando il sound contemporaneo.
Giustappunto Svengalisghost si propone con un live set di sole drum machines, bassline e voce, e finalmente si risente la pacca sull’impianto.
Il live non è perfetto ma sufficiente a farci arrivare da Long Island l’eco di un sound crudo e originario, che magicamente è riuscito a tornare alle sue radici. Ovviamente ci auguriamo faccia scuola anche qui da noi al più presto.
Federico Chiari