Stefan Goldmann “Live at Honen-In Temple” (Macro)

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L’attenzione per i dettagli è una delle qualità più importanti e famose della cultura nipponica.
Stefan Goldmann
ha da qualche tempo a questa parte messo il dancefloor in secondo piano prediligendo la ricerca sonora e l’interrogarsi sul ruolo del Dj/produttore/perfomer.
Con il suo ultimo album, 17:50, ha provato a conferire alle note una domensione inedita attraverso tecniche di sequencing analogiche e pitch bending.
Live at Honen-In Temple è la testimonianza di uno show particolarissimo tenuto a Kyoto tra le mura le del piccolo tempio della setta Jodo Honen, una corrente buddista indicata come eretica e malvagia, il cui fondatore fu condannato all’esilio nel 1207. Immerso nell’assoluta tranquillità al confine tra la città e la foresta, grazie anche alla mancanza di turisti (che preferiscono i templi più grandi) appare come un luogo davvero sacro.
Il producer berlinese tira fuori parecchio materiale inedito per uno show unico per appena una manciata di spettatori, che come un mandala tibetano viene creato con pazienza e passione per poi essere distrutto in un rito propiziatorio una volta terminato.
Sempre attento alle influenze etniche, dopo aver lavorato con la tradizione bulgara è adesso alle prese con la musicalità del Sol Levante, per cui tra microsuoni lisci e bleeps dalla forma perfetta scattano accordi di shamisen, l’antica chitarra a tre corde, ed il tempo è scandito non dalla cassa ma dal ticchettio del Sōzu, quella fontanella di bambù che si trova in ogni giardino Zen.
L’ascolto è estremamente evocativo, ma vista la natura del progetto va fatto senza pause, meglio se ad occhi chiusi in meditazione.

Federico Spadavecchia

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