Seven Trax One Week: The New Live Expanded Cinema

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Trystero Theorem: Dal 2000 fino a qualche anno fa la pratica del vjing sembrava stesse evolvendo dal suo contesto iniziale (quello dei club e dei raves, dove le figure del Dj e del Vj non erano più in primo piano, anzi spesso erano volutamente resi invisibili al pubblico che tendeva così ad ignorare il nome e il volto del performer) verso qualcosa di nuovo, con uno statuto teorico-culturale originale e innovativo. La performance audiovisiva ha trovato così negli anni una sua collocazione all’interno di teatri, musei e gallerie d’arte, convergendo in molti casi nell’allestimento di vere e proprie installazioni audiovisive dove lo spettatore in diverse modalità interagisce con l’ambiente e con i contenuti.
Il video come supporto creativo è stato introdotto nel panorama performativo musicale e artistico negli anni sessanta, e fu subito oggetto di grandi controversie per via della sua natura ibrida, che mescola e adopera tutti i suddetti linguaggi sensoriali. Movimenti come quello dell’Expanded Cinema, di cui Andy Warhol fu ambasciatore universale, inventano modalità inedite di utilizzo degli strumenti: impiegano più proiettori magari modificati, cercano alternative allo schermo classico servendosi di fantasiose superfici (Robert Whitman sparava le immagini direttamente sui corpi dei performers).

Compiendo un bel balzo temporale in avanti, le pratiche di vjing hanno finito in molti casi per agganciarsi in maniera stretta alle performance sonore con un particolare accento in ambito elettronico, dove spesso alla base degli show audiovisuali sussiste un’unica matrice genetica: audio e video divengono un tutt’uno indivisibile e indistinguibile.
Gran parte del riconoscimento all’affermazione di tali pratiche performative va a contesti di fruizione, spesso festival, che hanno fatto proprie queste forme di allargamento estetico (Berlin Atonal, AAVE, Flussi, Sonar, Mirage, Storung…) dando agli spettatori la possibilità di ampliare la percezione del live in maniera sinestetetica con un’immersione sensoriale e psicologica a tratti totale.
D’altra parte lo sdoganamento che negli ultimi anni ha portato parte dell’elettronica, compresa quella più underground e sperimentale, a privilegiare una fruizione club-oriented ha fatto si che (costretti da alcune logiche commerciali) i live audio-video divenissero sempre più una rarità.

Per scongiurare quindi l’oblio qui di seguito il lavoro di sette artisti che hanno fatto della performance audiovisiva un loro marchio personale e pesante.

Frank Bretschneider: co-fondatore con Olaf Bender della Rastermusic (confluita poi insieme alla Noton di Carsten Nicolai nella Raster-Noton) ha iniziato a sviluppare la sua estetica audiovisiva negli anni ’80. Tra le sue performance a/v più note Auxiiary Blue, Exp e Kippschwingungen.

Herman Kolgen: attratto dalla dimensione organica e ispirato dalla tensione interna che abita la materia lavora spesso sulla convergenza tra suono e immagine creando opere video assimilabili a vere e proprie forme cinematografiche.

Ryoichi Kurokawa: il suo lavoro è definito spesso: “una sorta di standard ufficiale per chi vuole avvicinarsi al mondo dell’audiovisivo“. Sinestesie e glitch immersi in un minimalismo formale che confluiscono in forme audiovisive complesse sono alla base della sua estetica.

Otolab: collettivo italiano di musicisti, vj e designer il cui obiettivo principale è trasformare lo spazio della performance mediante tecniche e tecnologie, spesso assimilabili al Circuit bending e al DIY, mediante cui produrre sia la materia sonora che quella visiva.

Tempest (Vigroux-Schmitt): il progetto nato dalla collaborazione tra Frank Vigroux e Antoine Schmitt porta lo spettatore a muoversi in una sorta di furia degli elementi cosmici in cui forme e coordinate spaziotemporali mutano di continuo quasi a cercare un equilibrio tra suono e immagine. Pura potenza sinestetica.

Cellule d’Intervention Metamkine: è un collettivo audio-visivo composto da Christophe Auger, Xavier Quérel e Jérôme Noetinger considerati tra gli artisti più rappresentativi della pratica del nuovo cinema espanso basano le loro performance dal vivo sull’uso di proiettori “preparati” e sulla musica elettroacustica prodotta da strumentazione analogica.

Alva Noto: Schermi giganti, percezione di sincronia perfetta tra audio e video sono solo alcuni degli aspetti più riconoscibili nelle sue performance. Quello che è certo è che il lavoro portato acanti con Raster-Noton ha fatto scuola.

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