La disumanizzazione nasce dalla solitudine: Gary Numan “Replicas”

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L’umanoide rapsodo venuto dallo spazio a cantare il poema di un futuro distopico di replicanti.

Gary Numan è un genio appartenente alla categoria di coloro che sono affetti dalla sindrome di Asperger.
Questa si manifesta come disturbo dello spettro autistico, il quale comporta una situazione borderline, a cavallo fra un neurotipico sano ed un autistico conclamato. Chi ne soffre possiede ottime cognizioni mentali, spesso anche molto più evolute di altri ma ha carenze e difficoltà nella sfera relazionale e nei rapporti sociali; non è in grado di percepire le dinamiche tra consociati ed è come se vivesse in una bolla di vetro, anche se dà segni di interazione. Di conseguenza tende a isolarsi, ad assumere comportamenti asociali ed a non condividere gli interessi e le tendenze comuni; anzi spesso e volentieri ripudia i cliché.
Il talento del “Glaciale”, come è stato soprannominato, è germinato grazie ad alcuni semi provenienti da quello straordinario vivaio artistico che furono gli anni settanta musicali. Essi sono il David Bowie del periodo astrale e di quello berlinese, il glam rock di Marc Bolan e dei primi Roxy Music, gli onnipresenti Kraftwerk e il krautrock più sperimentale dei Neu!.
Le due parole chiave per entrare nel suo mondo sono androginia e replicante.
La prima è di matrice bowiana; cresciuto a pane e science-fiction, ha introiettato scrittori di fantascienza come Philip Dick, l’Orwell di 1984 e l’Huxley del Mondo Nuovo, ma anche letterati come Borroughs, Ballard. Inoltre ha fatto propri film come Arancia Meccanica e Fahrenheit 451. Numan si può definire il principe antieroe della new-wave, l’uomo venuto dallo spazio come Ziggy Stardust ma non per portare la redenzione ma per lanciare un monito: quando un’umanità è dominata dall’incomunicabilità e dalla crisi di valori, essa è destinata a soccombere ad opera delle macchine.
È la disumanizzazione che nasce dalla solitudine: l’essere umano è solo, fragile, inerme. Il delirio tecnologico lo sta svuotando della sua pienezza e lo sta trasformando in un umanoide, destinato a replicarsi sempre uguale ai suoi simili, poiché ormai è completamente spersonalizzato. Ecco qui dunque la seconda parola chiave: il replicante. Creature umane sostituite da androidi mutanti che si duplicano sempre uguali a loro stessi. Da lì a poco il concetto sarà magistralmente trasferito su celluloide da Ridley Scott nel suo Blade Runner.
Replicas è il secondo album a nome Tubeway Army, dopo un primo omonimo disco più orientato al post punk. In realtà è un prodotto del solo Gary Numan che cura tutti gli arrangiamenti di synth, moog e chitarra.
Il disco esce nel 1979.
È un concept album concepito come un romanzo sul filone cibernetico di William Gibson. La trama narra di un’apocalisse prossima ventura il cui artefice è un’intelligenza artificiale che ha come obiettivo l’eliminazione totale della razza terrestre prevalente, considerata ormai un inutile ingombro. Per fare ciò si avvale di alcuni test di intelligenza per evidenziare chi è più debole e di conseguenza di procedere al suo smaltimento graduale.
Tanto ormai gli uomini sono diventati ormai asettici e lobotomizzati e completamente spersonalizzati, quindi incapaci di ribellarsi. Solo un manipolo di pazzi denominati “friends” riesce a sottrarsi a questo destino, nascondendosi in un dostoevskiano sottosuolo. Ma quando costoro salgono in superficie, vengono fatti prigionieri dai “machmen” gli androidi-poliziotto e costretti a combattere fra loro in arene come antichi gladiatori romani, sotto lo sguardo divertito dei replicanti.
È un vero e proprio romanzo musicale ambientato in un futuro distopico nel quale l’umanità priva di identità è giunta al suo stadio terminale. Il tutto è un’allegoria di stampo profetico sui rischi di un creato che ha sacrificato sull’altare della tecnologia la propria dignità ontologica. Dietro le quinte poi, l’A.I. è anche la metafora dei poteri occulti.
Addentrandoci nei vari brani, per ritrovarne la visione globale, Me, I Disconnect From You è lo start, con questa luminosa tangenziale a base di atmosferiche scie elettroniche che aprono ad uno space synth-pop cibernetico. Kraftwerk ed Ultravox sembrano confluire in questo quadretto dal sapore rock’n’roll, dove il “roll” si è trasformato in un “bip” ed ha imboccato la via verso una convergenza con Guerre Stellari.
Are ‘Friends’ Electric? è da pelle d’oca, la quintessenza dell’arte sintetica. E’ caratterizzata da un cantato algido e frigido e da movenze robotiche consacrate all’epicità, con sinfoniche melodie di moog a dare un tocco di charme. È un glaciale poema omerico sulla fine dei tempi. Tastiere oniriche trasudano di immaginario fantascientifico e creano un limbo fra funzione e realtà.
The Machman, ovvero come prendere il glam rock di Marc Bolan, imprimergli una taratura boogie e farlo decollare tramite un tappeto volante tessuto dai corrieri cosmici tedeschi.
Il post-punk rivisto e corretto e risciacquato nell’Arno della simbiosi con l’elettronica.
Praying To The Aliens: sincopi spezzate che fanno incontrare i Visage con i Fall ed addirittura arrivano a riecheggiare dietro l’angolo spigolaturedadaiste alla Captain Beefheart. Cristalline dissonanze liquide di synth creano un inedito diorama surreale, dove melodia e dissonanza vanno a braccetto ad evocare un paesaggio artico.
Down In The Park, una ballad di tipo epico-fantascientifico che possiede la forza di suscitare visioni di voli pindarici che hanno per oggetto fantasie stellari; il tutto grazie alla sua evanescente luminosità atmosferica.You Are In My Vision. Non riesco a comprendere come mai non sia stata scelta questa canzone come singolo da estrarre dall’album, dato che ha tutte le caratteristiche della potenziale hit. Ha una componente melodica che entra nella testa e non se ne va più via. Il perfetto incontro fra l’estetica raffinata ed il cantato degno del miglior loser r’n’r’.
Replicas: con la title-track il gioco si fa ancora più sperimentale. È la prefigurazione di quanto il pop elettronico realizzerà in fieri; le sincopi wave dei battiti ritmici in tempi dispari che quasi lambiscono territori industrial e le prismatiche geometrie del John Foxx solista.
It Must Have Been Years: si ritorna alle sonorità del primo omonimo album dei Tubeway Army dominate da ululanti chitarre cibernetiche ed una voce più furiosamente punk.
When The Machine Rock: una strumentale synth-wave dai tratti marziali che addirittura ricorda certe calde atmosfere di Vangelis.
Nearly Married a Human. Il capolavoro che conclude il disco con questi sei minuti e mezzo di sublime incesto fra il romanticismo europeo ottocentesco e la fantascientifica iperrealtà di Asimov.

Marco Fanciulli