Experimental Audio Research “Phenomena 256”

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Ispirati dal concerto di Sonic Boom dello scorso maggio a Pordenone all’ex Convento Di San Francesco per la rassegna Scenasonica (qui il report), abbiamo pensato di dedicargli un ulteriore approfondimento.

Sonic Boom con i suoi Spacemen 3 è stato uno dei protagonisti della scena neopsichedelica inglese degli anni ‘80, oltre che il demiurgo di un suono che presto avrebbe influenzato una nuova estetica musicale dell’indie rock che prenderà il nome di shoegaze.
La tecnica principale che caratterizza il loro sound è il feedback, le cui potenzialità verranno sviluppate anche dai Loop, Jesus & Mary Chain e My Bloody Valentine.
Terminata l’esperienza della band, si butta a capofitto in una nuova strada di sperimentazioni partendo proprio dal feedback, punto di abbrivio di una straordinaria avventura verso territori inediti. Nascono così gli Experimental Audio Research, in sigla EAR.
Si rifanno all’avanguardia improvvisativa degli anni ‘60 degli AMM ed all’ambient isolazionista così come venne sviluppata nei ‘70 da Brian Eno e da gruppi di Kosmische Music tedeschi quali i Tangerine Dream, i Kluster (quelli con la K), i primi Kraftwerk, i Popol Vuh, il Klaus Schulze di Irrlicht.
Non a caso nella line-up c’è proprio Eddie Prevost, il leader-guru degli AMM, insieme ad altri nomi di spessore: Kevin Martin, nume tutelare dell’ultima frontiera degli anni ‘90 (God, Techno Animal) e Kevin Shields dei My Bloody Valentine.
Ci si muove verso una musica minimal-cosmica ove l’elettronica gioca un ruolo molto importante, che porterà al seminale The Köner Experiment, con il tedesco Thomas Köner.
Phenomena 256 è il terzo album  ed è rispetto ai primi due una maggior virata verso la Kosmische Musik; potremmo definirlo “spaziale”, perché ci fa intraprendere un viaggio immaginario attraverso luminescenze stellari, vapori oscuri emanate da nebulose, pianeti misteriosi e galassie perse nell’immenso.
Spesso i brani sono tre composizioni in una, abilmente uniti dal missaggio.
Consiglio: per comprenderne al meglio la portata, va ascoltato al buio totale, la vista non deve essere impegnata.
Il disco si apre con Delta 6, ed è subito trip: si parte con un mantra lisergico quasi orientaleggiante per poi decollare in un megaflusso di interferenze cosmiche alla Tangerine Dream, mentre una chitarra acustica dipinge piccoli arabeschi; poi rivelato lo straordinario infinito davanti ai nostri occhi, il brano si distende in un’aperta saga improvvisativa fra drone e ritualità, via via fino a diventare più orchestrale, con un attacco di note che pare provenire da una cornamusa.
Space Theme Part 1&2 Tribute a John Cage è infatti costruita sulle note che corrispondono alle lettere del cognome del grande compositore statunitense (C.A.G.E.). Siamo in una dimensione più onirica che solo in apparenza è tutta uguale; basta un ascolto attento ed essa rivela il suo universo di microvariazioni. Sub Aqua/Tidal/Ritual, tre in uno, tratteggia un delirio dominato da un’inquietudine esistenziale; il fuzz è presente insieme alla totalità dei droni. Qui si percepisce un afflato che ha qualcosa di sinistro ed inquietante; come se l’esistenza di altre forme di vita creasse un moto di angoscia nell’essere umano davanti a una pletora di interrogativi che non riescono a trovare risposta.
La breve Ring Modulator è di stampo ambient alla Eno-T.D. su un tappeto di ronzii. Con As The Night Starts Closing In si entra nel cuore dell’opera; si percepisce la sensazione di trovarsi nel vuoto, in assenza di gravità, con questi dieci minuti di loop improvvisati; quasi impro-noise nella prima parte per poi trasportarci a bordo di un’astronave con nelle orecchie una scia di suoni alla maniera di propulsioni.
Arriviamo alla title track, anch’essa una e trina. La potenza del tour che parte dalla Terra assume il tono di un’avventura, l’entusiasmo di novelli conquistatori del cosmo è delirio puro. Emerge un iterato loop di elettronica che pare simulare un didjeridoo. Senso di vastità accompagnato da una sinfonia straniante. Il punto più alto dell’album: Space Station, un allunaggio all’interno di una stazione spaziale, mentre ci si appresta ad affrontare una tempesta di meteoriti. Mood for a Summer Sundown chiosa il tutto, con la sua atmosfera solare e rilassata, che pare evocare il rientro a casa, ammirando il cuore dell’oceano durante un tramonto infuocato.

Marco Fanciulli