Tropic Of Cancer “Restless Idylls” (Blackest Ever Black)

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Tropic Of Cancer, insieme a Raime, è il nome che ha oltrepassato le mura della nicchia industrial dance puntando i riflettori dell’hype sulla Blackest Ever Black.
Sviluppatosi come duo in famiglia tra il marito Juan Mendez, famoso nel mondo della techno come Silent Servant, e la moglie Camella Lobo, adesso unica titolare della ditta a causa dei troppi impegni del coniuge, Tropic Of Cancer ottiene fin da subito un ottimo riscontro.
Le quotazioni dei loro singoli sul mercato dei collezionisti schizzano a livelli considerevolmente alti per una band che, sebbene molto promettente, è comunque all’esordio.
Alla vigilia della seconda tournè europea esce il tanto atteso album prodotto dalla Lobo, con la supervisione del marito (che ha anche il ruolo di grafico) e dell’amico di lungo corso Karl O’Connor (Regis), eminenza grigia della label di Kieran Sande.
Restless Idylls è un vivido spettro dei Joy Division evocato durante una seduta spiritica tecnologica; un’anima disciolta nella rete in stile Ghost in the Shell, che d’un tratto decide di manifestarsi impossessandosi di un essere umano attraverso il contatto con un sintetizzatore.
Quella dei Tropic Of Cancer è goth wave ipnagogica, la visione di un ricordo di quella musica, ribatezzata in Italia come dark, distorta dalla prospettiva americana e filtrata dalla techno.
Una drum machine scarna e marziale detta il tempo a un basso tenebroso, mentre una chitarra si staglia su una Los Angeles sintetica e Camella recita il suo mantra.
Amore e morte saranno anche temi classici ma restano dannatamente affascinanti.

Federico Spadavecchia

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