Max Durante: From Rome to the Eternity

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Intervista a cura di Pablito El Drito

Max Durante è una delle menti che negli anni novanta ha costruito la scena techno romana. Ha alle spalle 25 anni di carriera. Io ho conosciuto la sua musica grazie alle produzioni techno che ha pubblicato su Truckstop76th, etichetta d.i.y. di Ostia. La sua Acid Bubbles è un tassello fondamentale dei miei dj set, come anche Vampires (feat Key) e l’lp Human Turntable, un solido 6 tracce techno/electro/acid.

Cominciamo da Ostia, Roma, Italia. La tua storia parte da li, giusto?
La mia carriera di DJ comincia negli anni 80 ad Ostia, la mia piccola NYC. Nell’ ottobre 1981, mio padre organizzò la mia festa di compleanno in casa e si improvvisò dj. Ne rimasi affascinato. Ero rapito dai dischi che giravano, come ipnotizzato. Questo fu il mio primo contatto con la figura del dj.
Io ero paralizzato di fronte ai giradischi, mentre i miei amici ballavano e si gettavano a terra. Mio padre ad un certo punto mise Trans Europe Express dei Kraftwerk e io cominciai a muovermi imitando il movimento dei robot.
Questo fu il mio primo impatto con la musica elettronica, avevo 11 anni!
Per giorni non facevo altro che ripetere voglio la musica dei robot, voglio la musica dei robot, i Kraftwerk mi avevano colpito al cuore.
Non amavo il luna park come tutti i bambini, la mia passione era accompagnare mio padre a comprare nuovi vinili. Lui era un grande ascoltatore e collezionista. Era molto geloso dei suoi vinili che chiamava dischi volanti. Nessuno poteva maneggiarli. Aveva differenti arnesi per toccarli perché non li toccava con le mani… pensavo che mio padre fosse un alieno.
A casa Durante la musica è sempre stata presente. Mio fratello Stefano, fin da piccino è sempre stato un appassionato di musica e di impianti HI-FI e il mio secondo fratello Enrico è un grande cultore della Fender, un geniale chitarrista, componente di vari gruppi punk rock. Ha inciso anche un paio di dischi in vinile negli anni ottanta. Seguivo molto mio fratello nelle sue esibizioni nei centri sociali e nei club come ad esempio il leggendario Uonna Club, mitico club punk/new wave, che fu fondamentale per la scena underground/alternativa romana degli anni 80.
Da piccino amavo il punk, lo trovavo più interessante del rock. Questa esperienza fu molto importante per me, furono le basi. Una altra grande occasione è stata la possibilità di utilizzare la batteria nella sala prove del gruppo di mio fratello: questo mi diede il senso del ritmo fondamentale poi in un secondo momento quando appunto ho iniziato a fare il dj.

Ecco, quando ti accorsi che fare il dj era la tua strada?
Nel 1983 un mio cugino mi portò in discoteca per la prima volta. Mi rifiutai di ballare e mi diressi verso la consolle e ancora una volta rimasi affascinato dai giradischi. Da qui cominciai a capire che non volevo suonare uno strumento ma volevo usare i giradischi, suonare i dischi. Il suono che mi appassionava era quello sintetico quello dei synth e non delle chitarre!
Negli anni ’80 c’è l’esplosione dell’hip hop e di conseguenza dell’arte del turntableism, come ti ci sei avvicinato?
Nel 1984 scoprii gli Stati Uniti: mi innamorai dei jeans e delle scarpe da basket e influenzato da un mio amico cominciai a praticare il football americano. Li conobbi Pasquale Ruocco, il fratello di Seby Ruocco, il futuro Ice One. Con Pasquale giocavo a football americano e un giorno mi presentò Seby, suo fratello e con lui conobbi la cultura hip hop, il rap e i graffiti.
Ho molto rispetto per Ice One. Siamo tutt’ora amici, c’è stima reciproca. Abbiamo fatto molte cose insieme: è stata un infanzia meravigliosa, ci siamo divertiti. Tramite Massimo Colonna e Ice One ho scoperto la breakdance.
Quando ho scoperto lo scratch sono impazzito. Mi sono innamorato di questa tecnica tanto da volerla cominciare a praticare.
Nel 1985 sempre nella mia amata Ostia cominciai a sperimentare ed a usare la tecnica dello scratching e del cutting. Mi consigliarono di vedere due cult film di Street culture come Wild Style e Beat Street e scoprii che questa era la mia strada. Cominciai anche a fare pratica usando di nascosto i tanto proibiti giradischi di mio padre.
Tornando in Italia in quegli anni avevi anche un programma alla radio giusto?
Nel 1986 inziai a condurre un programma radiofonico in una piccola radio locale ad Ostia Antica che ora non esiste più. Si chiamava Radio Hello Jonny. Da qui cominciai a sentire l’esigenza di arrivare ai dancefloor e dopo circa un anno di radio un piccolo club di Ostia mi contattò e mi chiese di fare un prova. Nel 1987 diventai resident dj e da qui ad esibirmi in tutto il litorale fino a Roma. Verso la metà degli anni ottanta rimasi affascinato dall’electrofunk, soprattutto le produzioni discografiche di Arthur Baker e Afrika Baambataa.

Quando hai incontrato il Rave britannico?
Nel 1988 andai per la prima volta a Londra: rimasi affascinato dagli acid party e tornai a Roma con molti dischi acid house. All’inizio fu difficile programmare questa musica nei club italiani.
Nel 1989 ritornai a Londra ma gli acid party erano finiti. L’alto consumo di LSD e il caos generato dalla massa di persone che ogni mattina usciva dai club vagabondando per la città, diedero vita a forti polemiche, la stampa nominò questa generazione ”allucinata” e dipinse questa cultura in modo sbagliato.
Ci fu una forte repressionepoliziesca. I dj’s inglesi evasero dai club e cominciarono a nascere organizzazioni di eventi inzialmente illegali denominati rave che presero il posto degli ‘acid party’.
Tornai a Roma ultra fomentato perché avevo scoperto il futuro, i Rave, e volevo organizzarne uno. Il 1990 fu un anno importante per la mia carriera: iniziai inaugurando il primo ‘afterhour a Roma, da mezzanotte a mezzogiorno al Mithos Club, nelle vicinanze di Ostia Antica, a pochi chilometri da casa mia. Quella sera ero super fomentato: era la serata giusta dove potevo comunicare attraverso la musica ciò che avevo vissuto a Londra. Con uno strepitoso djset programmai i dischi d’importazione che avevo appena comprato a Londra e la pista andò in delirio.
Parliamo della scena romana. Chi ne sono stati i protagonisti?
I dj’s che fecero parte della rave generation, in particolare dal 1990 al 1994 e che hanno preso parte ai più importanti rave romani sono stati, oltre a me, Lory D, Mauro Tannino, Luca Cucchetti, Andrea Prezioso e i fratelli D’Arcangelo. Io e i fratelli D’Arcangelo fummo dei visionari e organizzammo uno dei più importanti rave italiani, il Plus8, nel 1991 portando per la prima volta in Italia Richie Hatwin e la Plus 8 con Speedy J, Daniel Bell, Cybersonic.
Anche Marco Bisegna aka Bismark, che conobbi proprio in quel periodo fu molto attivo. Oltre ad essere dj curava il rapporto con le organizzazioni e le line up e organizzò anche alcuni rave portando a Roma personaggi come Joey Beltram, Frank de Wulf, Lfo e altro. Fu proprio lui ad ingaggiarmi per l’Xtc Rave nel giugno del 1991.

E i produttori?
Coloro che hanno prodotto la techno romana all’inizio e che hanno generato le prime produzioni di techno italiana sono: Leo Anibaldi,
Lory D con Andrea Benedetti e Eugenio Vatta, Automatic Sound Unlimited (D’Arcangelo/Max Durante), Marco Micheli, Gabriele Rizzo.
Ognuno aveva il suo studio e il suo sound. Nel primo pomeriggio era consuetudine andare a comprare dischi nuovi.
Quali erano i vostri punti di riferimento per acquistare musica?
Uno tra i primi negozi per dj in alternativa a Goody Music senza dubbio fu in un primo momento ‘Mix Up’. Ma il negozio di ritrovo fondamentale per i dj techno e i fanatici della rave generation era senza dubbio Remix che è stato un punto di ritrovo e di scambio per noi. Ci lavorava Paolo Zerla Zerletti, che poi entrò nella scuderia dei produttori dell’ACV.
Vi sentivate una comunità vera e propria?
Eravamo tutti in contatto, molti di noi si incontravano allo studio di Lory. Ci scambiavamo idee e ascoltavamo molta musica. Molte volte invece io e i D’Arcangelo ci incontravamo qui ad Ostia da me e stavamo tutta la notte a sperimentare il nostro suono potente e distorto. Oppure molte volte andavo da Leo quando abitava a Morena e stavamo nella sua sala hobby a mixare i dischi tutta la notte.
Molte volte ci incontravamo tutti insieme in giro per Roma. Eravamo in sintonia, ho ottimi ricordi, poi quando siamo entrati nell’ACV ognuno stava nel suo studio e abbiamo cominciato a produrre come matti. Il sabato andavamo ad esibirci nei rave e correvamo con i dischi da un Rave all’altro. Questa è stata la prima scena, coloro che hanno fondato le basi della techno italiana, la corrente di pensiero denominata The Sound Of Rome.

A questo punto la scena stava decollando anche a livello interbazionale…
Leo Anibaldi consigliò a Toni Verde dell’ACV di mettere sotto contratto Robert Armani e a scegliere la strada giusta per creare la prima etichetta techno italiana (ACV). Leo si mise in evidenza creando delle vere hit techno, fece uscire in pochi anni una miriade di ep davvero interessanti.
In contemporanea nasceva la SNS, l’etichetta di Lory D. Lory agli esordi collaborò con Andrea Prezioso per una produzione discografica e con Eugenio Vatta & Andrea Benedetti per varie altre produzioni. Poco dopo io con i fratelli D’Arcangelo producemmo il nostrio primo ep sulla Hot Trax (ACV), fondendo più stili con la prima band italiana di musica techno, gli Automatic Sound Unlimited.
Mauro Tannino, Stefano Di Carlo e altri crearono la Vibraphone records. Poi Paolo Zerla firmò per l’ACV. E poi ci furono varie produzioni
discografiche targate Andrea Prezioso e Eugenio Passalacqua (Passthewater), come ad esempio Trauma EP prodotto sull’olandese Djax
up beat o il progetto Solid State. Roma fu molto importante in questo periodo e tutti i dj del mondo volevano esibirsi nella capitale italiana.
Insieme ai D’Arcangelo creai un nuovo sound totalmente differente dalla techno dei miei colleghi romani, era una fusione di electro, post industriale e techno, nacquero cosi i primi esperimenti italiani di break beat, che incuriosirono anche Mr. Richard D. James aka Aphex Twin, il quale acquistò i nostri dischi. Nel 1993 FrontPage, la storica rivista tedesca di musica elettronica scrisse di noi Automatic Sound Unlimitedil loro suono è avanti di dieci anni’’.

Dal punto di vista discografico come si stavano sviluppando le cose?
Andrea Benedetti che verso la metà degli anni novanta era stretto collaboratore di Lory D in collaborazione con un giovane Passarani creò una distribuzione discografica e crearono delle etichette discografiche, la Nature e la Plasmek.Da qui a sua volta sono nate molte altre etichette molte altre realtà, nuove generazioni, nuove visioni. Roma non si fermò più e cominciarono a nascere etichette come funghi. Nel 1998 io creai la Prodamkey records, etichetta discografica di electro funk italiana, che riscosse molto successo. Al tempo era l’ unica etichetta di electro italiana.
Nel 2003 Fabio Di Mauro e Ferdinando Raffone alias Mr3p mi contattarono e mi vennero a trovare. Mi spiegarono le loro intenzioni: avevano voglia di creare una etichetta techno di Ostia e infine fondarono la Truckstop76th.
Ho prodotto differenti hit per la Truckstop76th, come Acid Bubbles e Vampire; abbiamo lavorato molto insieme e quando potevo masterizzavo i suoni per loro.
Nel 2007, Dave Clarke suonò molte volte il mio EP Human Turntable 2, prodotto sulla Truckstop76th. Lo nominò uno dei suoi dischi preferiti di quell’anno. Invitò tutti quelli che facevano techno a prenderlo come esempio e fu una bella soddisfazione sia per me sia per la Truckstop76th.

E ora gli originatori del suono di Roma che fine hanno fatto?
Produttori come Leo Anibaldi, Lory D, Max Durante e D’Arcangelo sono ancora attivi sia nelle produzioni che nei dj set.
Ci sono etichette attive come la Cannibald di Leo e la mia Prodamkey e Analog Dust. Io non mi sono mai fermato, ho continuato a girare l’Europa con i miei djset e dopo più di venti anni Roma ancora partorisce nuove realtà, nuove etichette, nuovi artisti. C’è per esempio la The-Zone records, una nuova piattaforma per il nuovo suono techno di Roma al cui lancio ho avuto il piacere di contribuire con un Ep in collaborazione con gli Aux 88 di Detroit e Debonaire di Miami. C’è rispetto tra la prima generazione e l’ultima. La collaborazione con la nuova generazione è molto interessante.

Pablito El Drito

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