Bang Face ‘12: La Musica, il Rave e le Vacche

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Non fosse che è stata la mia quarta volta probabilmente avrei pensato di essermelo sognato. Ancora adesso basta appena pensarci per ridere da solo come uno scemo. E dire che questa ultima edizione del Bang Face Weekenderaveva tenuto tutti, pubblico e organizzatori, sulle spine a causa del trasloco forzato in Cornovaglia, a ben sei ore di treno da Londra, e del conseguente slittamento da aprile a settembre con il pericolo della pioggia.
Newquay è la capitale inglese del surf ed è circondata da morbide colline verdi dove le mucche pascolano felici, ma soprattutto gode di una precoce estate di San Martino!
Questa è la nuova casa del nostro rave preferito. Il Trevelegue Holiday Park è un enorme campeggio dove i ravers possono alloggiare sia in tenda che in pratici caravan/bungalow, perfetti per chi come l’Italian Hard Crew non intende rinunciare ai piaceri dell’enogastronomia (e ogni anno si carica sulle spalle un bagaglio da stiva riempito con vini e salumi pregiati).
L’ambiente, molto più esteso rispetto al vecchio Pontins di Camber Sands, è chiaramente più dispersivo, ma il calore del Bang Face people non tarda a far scattare la festa!
Largo quindi ad improbabili super eroi (Superbang il tema di quest’anno) e a scene che nemmeno nel più colorato dei cartoon.
Lo ripeteremo fino alla noia ma vale la pena di sottolineare come alla base del successo dell’evento ci sia il pubblico: immaginate la line up come una chitarra elettrica, bene la gente è il suo amplificatore!
Gli stessi Dj’s si sentono parte integrante della situazione e restano per l’intero weekend senza
alcuna paranoia da vip.
La cerimonia di apertura come sempre è affidata all’estro di James Saint Acid e Normski che fomentano una main room in stile warehouse strutturalmente più fredda se comparata con la vecchia, e con un’acustica leggermente peggiore. Ma queste sono davvero sottigliezze per veterani che non causano alcun fastidio.

La sala due invece è la gemella di quella sulla Manica: parquet e Funktion One!
Qui troviamo l’unico invitato del giro dubstep, 2562, il quale però si è spostato sull’house e pur sfoderando un buon set non riesce ad incidere. Luke Vibert per conto suo impartisce l’ennesima lezione di classe e acid, così come Egyptian Lover si conferma il Barry White dell’electro.
Dorian Concept comprime il funk in un beat al plastico con deflagrazione a grappoli, suscitando entusiasmo per uno stile ancora non codificato.
Per la serie: gli artisti vanno ascoltati nei posti giusti, Dave Clarke torna finalmente a fare sul serio e ci manda gambe all’aria buttando sui piatti anthems come Mentasm di Beltram.
La ninna-nanna in chiave horror ce la canta quell’orsetto del cuore di Venetian Snares: partenza jungle e via a salire fino a quando il ritmo è talmente arrotolato su sè stesso da slogare ogni arto ai ballerini più audaci.
Sabato è il giorno del party in spiaggia al quale tuttavia non riusciamo a partecipare perchè arriviamo tardi quando purtroppo non c’è più spazio. Pazienza, ne approfittiamo per ammirare le scogliere.
La serata è impegnativa con il compleanno della Rephlex che vede subito protagonisti i fratelli D’Arcangelo, leggendaria formazione della scena romana. Marco e Fabrizio allestiscono un live futuristico dall’andamento adrenalinico; qualche piccola sbavatura serve unicamente a ricordarci che siamo di fronte ad esseri umani e non ad androidi. Ma farli suonare di più anche in Italia?

Sorprendente la performance di Dmx Krew che, prendendo le mosse dal suo tradizionale sound italo, macina in fretta bpm fino a scatenare una tempesta hardcore.
E’ ora di tornare sotto il palco principale dove, mitragliati da una pioggia di delfini gonfiabili, si esibiscono i Liquid-8, ultima incarnazione di Mark Archer insieme a Dj Liquid. L’ex Altern-8 ci spiazza mettendo da parte gli ever green anni ‘90 in favore di una techno più attuale, ma non per questo meno emozionante, dimostrando che la vecchia scuola non teme confronto.
I Criminal Minds continuano a non dirci poi molto, così mettendoci in coda per bere una birra (ok il rave, ma in Uk nulla è più sacro dello stare in fila) troviamo Richard D. James bello tranquillo a parlare con amici e fans; ma come, tutte le leggende sullo status da star del mefistofelico Aphex Twin erano forse balle? Sì, e al lunedì mattina si è pure smontato la tenda da solo!!!
Suggestivi Alekski Perala alias Astrobotnia, Jodey Kendrik e Dave Monolith, anche loro in una versione più orientata alla pista. Discorso a parte per Wisp che sconvolge la mente dell’Hard Crew, cristallizza le melodie per infrangerle un istante dopo con una cassa a mannaia. Eccezionale!
Il piatto forte della seconda notte è il concerto degli 808 State, in realtà convocati all’ultimo momento a sostituire i sud africani Die Antwoord (fateci sapere chi è il santo protettore dei clubbers che vorremmo accendergli qualche cero!).
La storica band di Manchester è un uragano: polistrumentisti ed intrattenitori fantastici, non risparmiano nemmeno una goccia di sudore! C’è da restare a bocca aperta nel vedere come quello che dovrebbe essere un set dance viene reinterpretato in chiave jam session jazzistica senza tuttavia perdere un briciolo d’intensità. Pacific State rinnova il significato di estasi.

Il miglior modo per sfogare l’eccitazione ancora in circolo è darci dentro con Hellfish & Producer.
I due giganti dell’hardcore menano con gusto ed ironia (esagerato il remix della entry theme di Undertaker); mani al cielo e tutti a letto o a continuare la festa allo Shack, il pub dove poter tirare avanti fino a mattina inoltrata.
La domenica segna la messa in scena dell’ultimo atto. L’adunanza è già alle 21 con la sola main room aperta e ai controlli Dj Yoda, abile manipolatore di musica e video.
Il ruolo più delicato, l’esibizione prima di Afx, è affidato ad un altro calibro da novanta, il patron della Planet Mu Mike Paradinas.
Date le mille direzioni seguite dalla sua label è impossibile fare delle ipotesi sul live, e ancora una volta portiere da una parte pallone d’altra: μ-Ziq esegue una sinfonia di sublime IDM tessendo una crisalide d’aria.
Il momento tanto atteso è quindi giunto, il personaggio più geniale e misterioso del mondo elettronico fa la sua comparsa dietro a sei pannelli a led. Rombo di basso, visual accesi, giro di prova e…falsa partenza! Il mixer si inceppa e bisogna cambiarlo.

Adesso però siamo davvero pronti, e l’uomo della Cornovaglia tira fuori il set più mentale che abbiamo mai sentito. L’elemento dance è al centro della performance, ogni corrente viene cavalcata: techno, funk, house, acid, breaks, speedcore. Standing ovation per il maestro, cui si regala volentieri un’ora in più facendo saltare la cerimonia di chiusura, ma anche ad un’organizzazione tenace che, pur di non deludere il proprio pubblico, si è sobbarcata un impegno notevole, rischiando tantissimo con un cambio di location difficile ed un cartellone non proprio popolare.
Si esce poco prima che una marea di schiuma ricopra la pista e, mentre le mucche sembrano non curarsi del vicinato fracassone, realizziamo che tre giorni sono svaniti in un lampo ma che è comunque giusto così perchè se durasse ancora un pò nessuno vorrebbe più tornare alla realtà.
Tenetevi pure sta cazzo di Wall Street, noi abbiamo il Bang Face!

Federico Spadavecchia

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