A Torino sul lungo Po c’è un club dove un gruppo di amici amanti della musica ci fa respirare un pò di sana aria internazionale. Non è però solo una questione di nomi altisonanti della scena Techno; la base di questa storia è il senso di appartenenza, quel sentirsi come insieme ai parenti durante il Natale mentre stai sudando in pista, è il poter finalmente condividere la tua Passione più grande con qualcuno per cui è ugualmente importante.
Ok ballare e divertirsi, ma cazzo se c’è di più!!!
Il quartier generale si chiama Club Gamma e le serate Stereo.
All’interno troviamo Matteo Brigatti in arte Gandalf, cofondatore dello staff e Dj sempre più interessante, soprattutto da quando i beats più duri sono tornati a dire la loro.
Ciao Matteo, iniziamo dal tuo nome d’arte: Gandalf. Per uno che fa sia il Dj che il promoter un nickname del genere è tutto un programma!! Cosa ci puoi raccontare a riguardo?
No, no, non è un soprannome che è stato associato al lavoro di Dj o di promoter, ma è legato al fatto che più o meno quindici anni fa quando è nato tutto il mondo delle chat, delle prime community ecc…molto semplicemente è stato forse uno dei primi nickname che mi è venuto in mente perchè comunque a quei tempi ero impallinato col Signore degli Anelli.
Quale tua identità è nata per prima: il Dj o il promoter?
Nessuno dei due ahahahah!!! In realtà sono nato come Dj quando si facevano le feste giusto con gli amici nelle case. Proprio durante una di questi parties venni sentito dalla ragazza di Rach 3, uno dei Dj storici di Torino fondatore della prima organizzazione di rave in città (la DEA) e membro di General Electric, la quale sapeva che stavano cercando un giovane Dj a cui affidare le aperture a Rach 3 e a Federico Gandin. Mi hanno quindi proposto per esibirmi insieme a loro ai Docks Home, e la prima serata fu abbastanza particolare perchè a causa di un contrattempo Gandin non riuscì ad venire e così mi chiesero di fare anche la chiusura. Le cose andarono molto bene e da lì è partito tutto.
Quando è stato che invece ti è venuta voglia di organizzare da solo i tuoi eventi?
La mia vita da promoter è iniziata un bel po’ di anni dopo all’incirca 4/5 anni fa, quando avevo già fatto varie comparsate in diversi locali in città. Sì avevo organizzato qualcosina ma onestamente non mi sento di definirla attività da promoter, si trattava più che altro di feste messe su da 2/3 Dj. Poi io magari ero quello che prendeva di più l’iniziativa e contattava il locale o si interessava al flyer. Diciamo che da lì mi è venuta la voglia di dare continuità all’organizzazione. I primi contatti col clubbing professionale sono stati a livello di comunicazione. Ai tempi curavo l’ufficio stampa de La Tana presso il Il Fluido quindi mailing lists, flyer ecc…quando ad un certo punto il gestore del locale mi disse che si era liberato il venerdì sera e se mi sarebbe interessato provare a proporre qualcosa. Ben contento decisi di buttarmi in quest’avventura e così nacque mood., il primo marchio con cui ho lavorato sia come resident Dj che come promoter.
L’attualità invece ti vede impegnato su due fronti con Stereo e Secret Mood. Cosa sono questi progetti e in cosa differiscono?
Secret Mood e Stereo sono i miei progetti di serate. Il primo è più legato ad un concetto di one night, quindi eventi particolari che possono coinvolgere ospiti o meno, adottando di volta in volta locations differenti. Alla base c’è l’idea di portare a ballare un pubblico più adulto che, per varie ragioni, riesce giusto a godersi una festa ogni mese o due insieme ad altre persone della stessa età (dai 25 ai 40). Musicalmente stiamo parlando di House Music.
Secret Mood si è imposto all’attenzione dei torinesi grazie soprattutto a tre eventi che hanno visto la partecipazione di mostri sacri quali Theo Parrish, Moodyman e Larry Heard.
Oggi dopo aver ospitato numerosi guests internazionali (Agoria, Kirk Degiorgio, The Timewriter…) stiamo avendo ottimi riscontri proponendo soltanto Dj’s cittadini. I residents ufficiali siamo Federico Gandin ed io, e di volta in volta chiamiamo alcuni amici a suonare con noi. In realtà è un progetto molto libero non legato ad un impegno mensile con uno staff stabile. Abbiamo comunque collaborato con grandi realtà come Club To Club e Movement.
Stereo, invece, è nato nel 2010 con la resurrezione delle serate elettroniche al Fluido, divenuto Club Gamma, e la proposta da parte dei gestori di occuparci del sabato sera che era in sofferenza.
Con Stereo finalmente abbiamo creato un vero e proprio team, buttando giù un progetto serio con una programmazione stagionale precisa, fermo restando che le fondamenta di tutto sono l’amicizia e la passione.
Un particolare curioso di Stereo è la rotazione dei Residents, che pesca anche fuori dal vostro roster, a seconda dell’ospite invitato, di modo da proporre il sound più adatto all’occasione. Cosa puoi dirci a riguardo?
Noi dal punto di vista artistico siamo molto seri. Non ci va che un Dj prettamente House faccia l’apertura ad un guest Techno o viceversa. Allo stesso modo non ci interessa invitare un Dj di cui non siamo convinti musicalmente solo perchè è in grado di portare molte persone.
Noi lavoriamo in un piccolo club, 3/400 persone al massimo, e capita di fare nomi parecchio costosi quindi vogliamo avere almeno la soddisfazione di offrire al pubblico un prodotto di altissima qualità dal primo all’ultimo minuto, che non siamo disposti a barattare per qualche centinaio di Euro in più.
L’arte prima di tutto…
Pr e Dj sono argomenti separati anche se, chiaramente, noi Resident siamo i nostri primi Pr.
Penso che in una serata moderna il Dj debba essere il primo Pr della propria serata a dispetto di quelli che dicono di non volersi sporcare le mani. Tante volte conversando con personaggi internazionali ho riscontrato questa cosa: tutti si sono dati da fare per promuovere il loro lavoro e le proprie feste. Oltre che poi naturalmente a fare i produttori.
Ecco a proposito di produttori, tu sei uno dei pochi Dj attuali ad esserti creato un nome senza andare in studio…
Quello della produzione è un aspetto che nato negli ultimi anni come conseguenza dello sviluppo tecnologico digitale. Mi spiego: una volta il Dj era il Dj, non importava che facesse dischi. Era colui che faceva divertire la gente, che creava un viaggio emozionale nel corso di una serata, ed era idolatrato unicamente proprio per questa sua abilità. Ti faccio un esempio: le produzioni di Danny Tenaglia sono pochissima roba rispetto a quello che ha fatto in quanto Dj, forse giusto qualche remix è rimasto nella memoria delle persone. In egual misura c’erano producers che il Dj non lo facevano proprio.
Tra l’altro sei stato uno dei primissimi Dj italiani a puntare tutto sul digitale, in anni in cui questo era visto dalla maggior parte dei clubbers come la più grave delle eresie. Oggi invece si vendono più controller che giradischi. Quando il computer è un reale mezzo creativo e quando invece una facile scorciatoia?
La diffusione di queste tecnologie ha certamente abbassato la soglia di entrata nel mondo del Djing.
In un certo senso lo trovo anche democratico: perchè bisogna impedire al ragazzino impallato di musica elettronica di provare a mettere i dischi. Non c’è nessuna regola che dice: “tu ci puoi provare e tu no”. Il problema è la mancanza di criterio perchè laddove c’erano dieci Dj’s, ed ora sono centomila, si è sviluppato il concetto, infondato, che gli unici a meritare siano giusto quei cento che producono. Niente di più sbagliato!
Vi è mai capitato di ingaggiare un artista sulla base dei suoi dischi per poi, una volta salito in consolle, pensare “Oh Dio dobbiamo correre ai ripari!”?
Fammi pensare, forse il più gonfiato di tutti a mio avviso è stato Moodyman! Producer eccezionale ma poi…magari in America mette delle chicche eccezionali ma qui da noi, insomma, ha deluso le aspettative. Tanti discorsi sul vinile e poi, pur avendo carta bianca da parte nostra, ha suonato appena un’ora e mezza perchè con sé aveva giusto una ventina di dischi. Anche tecnicamente non è andato oltre il fade in/fade out. Niente di male dato che il Dj nasce così come alla radio, però diciamo che si è limitato al compitino. Ecco, più che pessimi Dj’s ci sono stati Dj’s scontati: situazioni in cui non senti la differenza tra quello che dovrebbe essere un grosso nome e un ragazzo di qui!
Parliamo un po’ di Torino, la città italiana più interessante ora come ora per la club culture. In città ci sono consolle ovunque. Non pensi che questa sovresposizione possa essere nociva alla scena?
Il problema di Torino è proprio quello: ci sono dieci organizzazioni forti per un pubblico di clubbers che si aggira sulle quattromila unità per weekend, eccezion fatta per i grandi eventi.
Torino è una città bellissima per il pubblico, nel senso che ti da una grandissima scelta rispetto ad altre città a dei prezzi molto popolari. Purtroppo, a mio avviso, non disponiamo di strutture adeguate ma ci arrangiamo come possiamo. Forse se avessimo certi spazi che a Milano non vengono sfruttati…
Tornando al discorso iniziale in città è un gran casino: quando nel fine settimana ci possono essere 5/6 ospiti internazionali è gioco forza che un paio di serate vengano “bucate”.
Non c’è abbastanza pubblico per tutti e se si divide troppo qualcuno resta a bocca asciutta, esatto?
Assolutamente, devo dire che negli ultimi due anni c’è stata una razionalizzazione degli staff. Alla fine sono rimaste solo le organizzazioni più strutturate e tanti gruppi di ragazzini, prini ecc…, sono stati spazzati via.
Il mercato ha fatto da selezione naturale?
Esatto, è la stessa cosa per il Djing digitale che viene tanto criticato essenzialmente per l’inettitudine di due figure che sono: il promoter, direttore artistico improvvisato che chiama chiunque pur di fare quelle trenta persone in più, ed il famigerato proprietario del locale che, non potendo vantare una fama legata al nome del club come avviene nel resto d’Europa (il Berghain vive perchè è il Berghain, e lo stesso si può dire per il Fabric, il Rex e così via), insegue il suo guadagno ingaggiando vari staff, senza investire nella struttura perchè con la scusa che i promoter sono itineranti giustifica il fatto di non puntare sulla continuità. Ma è una sua scelta precisa!!! Di conseguenza vanno benissimo cinque pischelli che festeggiano il compleanno portandosi la musica scaricata illegalmente da suonare con Traktor.
La club culture portata allo stesso livello della festa delle medie…
Certo, è la stessa cosa che si riscontra nel mixing digitale: il tempo e la fatica che si risparmiano per mettere a tempo i dischi grazie a Traktor dovrebbero essere impiegati per selezionare la propria musica o sviluppare tecniche di missaggio originali con un uso più fantasioso del mixer e degli altri strumenti a disposizione. Io non ho grandi pretese di visibilità internazionale come Dj, penso tuttavia che chi si scaglia così violentemente contro il digitale lo faccia per sfogare la frustrazione provata a vedersi superato dai ragazzini del caso. La colpa però è solo delle organizzazioni non della tecnologia!
Mi suggerisci la battuta perchè se la musica che ci piace si chiama Techno si avverte quanto meno un controsenso in questa polemica. Che ne pensi?
Laurent Garnier recentemente in un’intervista ha sottolineato tutti i problemi pratici dell’esibirsi col vinile (peso, bagagli persi, dischi rigati…) senza contare che oggi nel 90% dei casi i pezzi hanno un mastering digitale per cui anche il discorso sul calore e la qualità del suono vanno a farsi benedire.
Il vinile però garantiva il supporto materiale degli artisti mentre invece il download selvaggio ha fatto una carneficina. Cosa pensi a riguardo?
Sono dell’idea che comunque chiunque si dedichi al Djing in maniera anche semi professionale debba comprare la musica supportando il lavoro che c’è dietro.
Non avendo un supporto fisico in mano riesci ad affezionarti alle canzoni che suoni?
Partiamo dal presupposto che io compro tantissimi cd, soprattutto compilation mixate, quindi il mio affetto musicale lo sfogo su di loro. Ci sono comunque un sacco di brani a cui sono affezzionato e che rispolvero dopo un po’ di tempo. Non sono uno di quei Dj’s da chart che devono tirar fuori solo le ultime novità.
Novità che in questi due anni è sinonimo di Techno di matrice europea, tornata di forza a imporsi sulle piste di tutto il mondo e protagonista assoluta di Stereo. Qual’è il tuo rapporto con questa musica?
Secondo me c’è stato un rigurgito a tutta quell’House commercialotta che ha dominato negli ultimi anni. Si era partiti con la Nu House, che piaceva tanto anche a me, ma che poi non è stata capace di andare oltre ai soliti loops suonando già sentiti e stufando un po’.
Il problema è che i loops di sax alla fine rimandano sempre alla musica da ascensore o da sala d’aspetto del dentista…
Esatto, labels quali Remote Area, 100% Pure, Cecille, 8 Bit, hanno fatto un sacco di cose carine ma che non sono riuscite a rinnovarsi perchè comunque a livello commerciale sono state un successo!
Ora c’è la seconda ondata con in testa Crosstown Rebel, Visionquest e Hot Creation. Poi io sono contentissimo che i ragazzi giovani ascoltino questo pop elettronico piuttosto che Shakira o Rhianna.
Il ritorno della Techno è stato una reazione a tutto questo.
L’House per quanto più originale a livello melodico, specie quella old school, è oggi basata prevalentemente su loop e sample dando quindi sempre l’impressione di già sentito. Naturalmente ne risentono anche le emozioni provate al suo ascolto che rimangono sempre le stesse a meno che non ci si trovi un contesto particolare.
La Techno, invece, anche se più essenziale, per non dire che alle volte è fatta giusto di quattro suoni, se suonata e mixata in un certo modo secondo me è molto più emozionante.
Il viaggio sonoro e mentale generato dalla Techno è molto più intenso rispetto a quello dell’House. Il motivo sta anche nel fatto che la Techno è molto più legata al ruolo del Dj che non a quello del produttore: un bravo Dj Techno stupisce, mentre per uno House è più difficile perchè questa musica ha delle regole, ritmiche ed armoniche, molto più rigide e non puoi sovrapporre sonorità troppo diverse tra loro. La creatività del Dj invece è favorita al massimo dalla libertà della Techno.
Andrea Benedetti sostiene che la Techno vivrà per sempre proprio perchè impossibile da intrappolare in un codice, come invece è accaduto per l’House, che è stata anche sfruttata come fenomeno Pop.
E’ un paradosso se ci pensi: alla fine l’House è nata per emozionare ma negli ultimi tempi la noia ha preso il sopravvento!
E’ quello che accade quando si cerca il compromesso con il Pop: non cambi più nulla per paura di perdere il consenso del pubblico. C’è qualcosa che ti piace dell’House attuale?
Le produzioni attuali di per sé sono belle, mi piacciono e le suono volentieri in determinate occasioni. Tuttavia poi hai il problema di basare su quel suono tutto il resto del set. Qualche tempo fà a Torino è venuto Jamie Jones, ed io non son potuto andare a sentirlo perchè lavoravo. Il giorno dopo in rete ho visto una miriade di video di tracce suonate da Jamie Jones postati dai ragazzini che erano presenti. Per me una volta il Dj era quello che ti faceva ascoltare cose che non conoscevi, invece qui avevano riconosciuto tutto il set e non stiamo parlando di altri Dj’s ma di ragazzini!!!
Grazie a Shazam non è poi così impossibile…
Sì ma se metto il cellulare di fronte a un brano di Marcel Fengler il telefono mi chiede: “Cosa mi fai sentire? Ma sei scemo?!”
Se lo stesso set l’avesse fatto uno dei tanti bravi Dj’s che abbiamo in città probabilmente sarebbe stato anche migliore. Insomma mi da l’idea che lo faccia un po’ per i soldi. Bravo producer ma come Dj non mi dice niente.
La tua passione per la Techno ben si rispecchia nella programmazione di Stereo in cui si nota uno stretto gemellaggio con la casa madre di questo genere ovverosia il Berghain di Berlino. Cosa ci puoi raccontare a proposito?
Noi siamo un club piccolino e quando abbiamo iniziato a proporre i loro artisti quelli più conosciuti erano Marcel Dettmann e Ben Klock che a Torino sono legati con altri team.
A dir la verità non ricordo esattamente con quale idea siam partiti per scegliere chi chiamare di loro.
L’unica certezza era il voler proporre qualcosa che nessuno aveva mai fatto prima, e così abbiamo invitato Marcel Fengler, che sarebbe venuto per la prima volta in Italia.
All’epoca Marcel non era ancora al top della popolarità specie qui da noi, il suo nome era legato solo a qualche produzione ma ci era stato caldamente consigliato da amici che lo avevano già sentito, e siccome a noi piace fidarci delle opinioni delle persone per confrontarci con loro l’abbiamo ingaggiato. Con Marcel ci si è aperto un mondo perchè noi eravamo in ansia visto a cosa questi Dj’s erano abituati e chissà quali aspettative avrebbero avuto.
Si aspettavano un buttafuori antipatico…
Ahahahh sìsì!! Invece Fengler si è rivelato una persona splendida con cui siamo entrati subito in sintonia, e fu davvero stupito di vedere come la nostra organizzazione fosse quanto di più simile ad una famiglia. Noi insistiamo molto su questo discorso della “famiglia Stereo” proprio grazie a Marcel che ce lo fece notare durante la cena: eravamo in 20 a tavola tutti a far casino mentre di solito l’ospite è confinato in hotel.
Da lì puntare sul brand Berghain/Panoramabar è stato naturale, e non ti nascondo anche per ragioni di marketing, anche se la nostra politica è sempre stata quella di puntare su nomi meno noti, ma soprattutto meno ovvi da far conoscere al pubblico: Nd_baumecker, Fiedel, Fengler, Ryan Elliot, Nodge (con Fengler il mio preferito). Intorno a loro abbiamo portato altri artisti che sebbene all’estero siano leggende nel nostro Paese sono poco conosciuti: Francois X, Marcelus, Dj Deep, Peter Van Hosen e Roman Lindau. Quest’ultimo l’ho conosciuto di persona a Berlino durante una cena con Marcel Fengler ed altri amici e, avendolo trovato una persona splendida, gli ho chiesto se aveva voglia di venire a suonare da noi e magari di farsi qualche giorno di vacanza con la sua fidanzata dato che non era mai venuto in Italia. E lui ha accettato. Tutti i nostri ospiti si fanno sempre due tre giorni con noi. I Dj’s del Berghain comunque sono un esempio di professionalità, sempre rispettosi di chi li chiama e del pubblico che hanno davanti.
Avete mai ricevuto qualche rischiesta strana davvero da Superstar?
In realtà mai, l’unica volta un po’ più curiosa è stato quando è venuto Fiedel che ci ha informato di essere allergico al glutine. Invece di diventare scemi cercando di trovare un ristorante adatto abbiamo organizzato un catering a casa mia con l’aiuto di una nostra amica giapponese che fa la cuoca. Fiedel rimase talmente contento che quando sono andato a Berlino mi ha invitato a cena a casa sua!! Ora siamo impegnati a costruire una consolle astronave per Luke Slater ma ci siamo già messi all’opera!
L’anima undeground è dura a morire. Siamo arrivati alla fine di questa nostra lunga e piacevolissima chiaccherata perciò ti chiedo, come tradizione richiede, di anticiparci le prossime mosse di Stereo.
Marzo e aprile saranno mesi intensi con Steve Rachmad, Boris, Fengler, per poi fare una bella tripletta con Brendon Moeller, Luke Slater prodotto in partnership con Movement, Jonas Kopp, Nick Hoppner (una nuova figurina da attaccare sull’album Berghain), il secondo compleanno di Stereo a inizio giugno con Norman Nodge, il nostro Superman. E infine per cominciare bene l’estate Daniel Bell!
Federico Spadavecchia