Avere la possibilità di fare due chiacchere con uno dei pilastri della musica moderna non capita tutti i giorni e quindi dobbiamo ringraziare davvero tanto Xplosiva che non solo ha portato nel suggestivo circolo Esperia sul lungo Po a Torino Kode9, boss della Hyperdub, nonchè eroe del dubstep ma ci ha anche regalato l’opportunità di intervistarlo insieme ad un partner d’eccezione come Giorgio Valletta. Quello che ne è venuta fuori è un’interessantissima discussione sulla natura del genere, e di conseguenza sono emerse tutte le ossessioni britanniche vecchie e nuove: dal ribadire il legame del suono con la madre patria, che all’estero viene mal interpretato, al dibattito sull’hardcore continuum (detto nuum), che negli ultimi due anni sta impegnado i più fini critici, Dj e musicisti del Regno Unito, a riguardo della discendenza jungle e hardcore.
Ma eccovi l’intervista:
Nel 1997 El-B pose la prima pietra del dubstep. Oggi, passati 13 anni, la scena post garage si è sviluppata in così tante direzioni che mi chiedo se abbia ancora senso continuare ad usare il termine Dubstep per ricomprenderle tutte…
La maggior parte della musica che propongo appartiene a diverse diramazioni post garage come broken beat, Uk funky, dubstep o grime o ancora bassline. Ecco, tutti questi stili sono la conseguenza dell’evoluzione dell’Uk garage e della sua conseguente suddivisione in tante nicchie più piccole.
A proposito della varietà del tuo suono a giugno uscirà un tuo cd mix per la serie Dj Kicks, e, vista la diversità di stili che contiene, questo potrebbe sorprendere un po’ chi si aspetta un classico set dubstep. Inoltre ritieni interessante questa nuova direzione che porta il post garage ad atmosfere più luminose rispetto all’oscurità del dubstep?
L’Uk garage non era esclusivamente musica dark, ma ricomprendeva una moltitudine di emozioni e mood differenti; per questo ora sto cercando di rimetterle insieme: è vero che la musica che produco è in prevalenza oscura ma non sempre ho voglia di proporre quelle atmosfere, voglio sfruttare appieno tutto lo spettro sonoro che circonda l’Uk.
In un’intervista hai detto che all’inizio il dubstep era una scena per produttori; ora, con tutte le serate ed i festival dedicati che sono venuti fuori, possiamo dire che è una scena per Dj’s?
Io credo che la cosa più importante sia l’essere diventata una scena di ballerini! Ed è una bella differenza con i primi tempi in cui eravamo soprattutto produttori, qualche Dj ed un piccolo pubblico, che è utile a far crescere un suono soltanto in un’unica direzione. Un pubblico numeroso, invece, aiuta a servirsi di tutto lo spettro sonoro cercando sempre soluzioni nuove, e al tempo stesso spinge a fare vedere le origini del genere.
Ancora una domanda rivolta al passato: agli inizi, specie qui in Italia, il dubstep, a differenza dell’Uk garage rimasto quasi nell’ombra, ha attirato su di sé l’attenzione del pubblico del drum and bass. A tal proposito due riflessioni: la prima, se provi lo stesso senso di chiusura tra dubstep e d’n’b, e quindi come pensi che le differenze culturali esistenti nei vari Paesi influenzino l’approccio alla musica urban proveniente dall’Inghilterra?
Penso che vi sia una stretta correlazione tra il drum and bass e il dubstep e, ad essere onesto, è un problema perchè potrebbe far sembrare agli occhi di chi vive al di fuori dell’Inghilterra che il dubstep sia il fratellino minore del d’n’b. E una situazione del genere non sarebbe assolutamente buona per il futuro del dubstep.
Per me, allora, è molto più importante contaminarlo con l’house, l’hip hop, il funk e così via, di modo da esser certo che quello che è accaduto al drum and bass non capiti al dubstep.
Io voglio una scena ben conscia di sé e di dove viene, il d’n’b, invece, è stata una conseguenza della jungle che conteneva al suo interno aspetti di tutti i vari tipi di musica, reggae, soul, funk, e più veniva fuori la drum and bass e più diventava unicamente techno dalla forte componente ritmica ma soprattutto sterile.
Per me l’importante è prendere ciò che di valido possedevano jungle e Uk garage, dentro cui si sviluppavano differenti stili di musica ritmica.
Effettivamente il dubstep ha dimostrato la capacità di evolversi assimilando le caratteristiche delle correnti più disparate: dall’acid house alla minimal techno, Scuba a Berlino ne ha riscritto i canoni col suo suono improntato sul basso. D’altra parte la scena dubstep è sempre rimasta vicina alla vecchia scuola e ai suoi mostri sacri. Cosa ne pensi di questa correlazione tra passato e futuro?
Ad essere onesti non penso che quello che sta venendo fuori a Berlino sia davvero nuovo.
A mio parere i primissimi producer dubstep, quali El-B e Horsepower, erano molto coinvolti nella dub techno e ben consci del loro operato; così per me il dubstep delle origini ha molto più a che fare con il lato “bass” della dub techno berlinese rispetto alle produzioni attuali.
Possiamo dire che la Hyperdub è la label che può ulteriormente allargare i confini del dubstep? E cosa ci puoi anticipare delle nuove uscite?
Io già penso che la Hyperdub non si possa più considerare un’etichetta dubstep bensì debba esser vista come una label che pubblichi musica che possa essere descritta come house infleuenzata dalle mutazioni tipicamente britanniche che l’house stessa ha subito. Altri nostri elementi caratteristici sono il legame con l’hip hop, con i videogames, l’electro, il funk…E’ quello che è, e riguarda ciò che mi interessa.
Nei prossimi mesi abbiamo in programma parecchie release Uk funky: Cooly G, L Blue, poi un album grime ed il nuovo lp di Kode9 e Space Ape pronto per l’estate cosiccoeme il nuovo di Darkstar che non ha nulla a che fare col dubstep quanto piuttosto un incrocio di Radiohead, Air, Beatles e Junior Boys misschiati insieme.
Tu sei stato il primo a scorgere il lato funky del dubstep, cosa ne pensi di artisti come Roska ed Appleblim che stanno riscrivendo l’house con i suoni del dubstep?
No, non credo proprio. Gli aritisti che hai nominato non hanno nulla a che vedere col dubstep: Roska è un producer house, è solo un’analogia ritmica, drums and beats, non viene dal dubstep ma dall’house. La musica di Appleblim, invece, non è Uk funky ma dubstep e techno. Ok lo so che è difficile da comprendere le differenze specifiche, ma penso che la gente fuori dall’Uk enfatizzi troppo il potere del dubstep: persone provenienti da Paesi diversi magari realizzano canzoni su etichette dubstep ma che in realtà sono solo un discorso di beats, bass and drums, nulla a che vedere insomma col dubstep, quanto piuttosto con l’Uk sound; il post garage, come ho detto, ha dato vita a diversi stili (two step, Uk funky, broken beats, grime ecc…) e il dubstep è giusto solo uno di questi.
Dietro a Kode9 il Dj si cela Steve Goodman il fine ricercatore univeristario che scrive libri e partecipa a conferenze circa la storia e l’evoluzione della musica
Io non scrivo e parlo così tanto spesso della musica che propongo come Dj, bensì del suono, delle frequenze e di come queste interagiscono con il corpo. Dentro di me ci sono due persone: Kode9 e lo Steve che ricerca e scrive. Lascio che siano gli altri a pensare a quale tipo di relazione vige tra queste personalità.
E se oltre q uesto problema di personalità ci metti il tuo enorme bagaglio di suoni e musica, ci spieghi come riesci a preparare la tua borsa dei dischi?
Effettivamente è un gran bel problema!!! Devi pensare al Dj come un selector, lascia stare il mixare in sé, bisogna essere interessati a selezionare questo gigantesco database che esiste nel mondo. E poi, questo è il Dj, questo è il mio mestiere!
Dove hai trovato la reazione più sorprendente alla tua musica?
Ovviamente in Italia! Stavo suonando a Pescara insieme a Plastician in un festival sulla spiaggia. Doveva essere un festival trance e di fianco ad un tendone enorme affollato di ravers c’era la nostra sala completamente vuota quando ad un tratto è entrato un cane nero che si è diretto in mezzo al dancefloor ha fatto un giro, mi ha guardato e se ne è andato via!!! Grazie Italia!!! ahahahahahah
Dj, producer, ricercatore ma anche talent scout: hai portato alla ribalta un mito come Burial e tanti altri talenti si sono imposti grazie al tuo aiuto. Cosa deve un giovane producer per attirare la tua attenzione
E’ impossibile dare una risposta precisa e la ragione è che quello che cerco è quello che non conosco. Io sono interessato a ciò che mi può sorprendere.
Grazie mille Steve è stato davvero una bella chiaccherata!
Grazie a voi.
Federico Spadavecchia – Giorgio Valletta