Immaginate di aver preso parte al rave più rumoroso di sempre e che, una volta usciti in strada, ogni suono collassi dentro l’altro nelle vostre orecchie. Un frastuono senza compassione ritmato dallo stress di una notte di pura techno. Impulsi audio che danno luogo ad allucinazioni visive.
La tecnologia si anima: veicoli, sportelli automatici, bancomat si muovono per volontà propria inghiottendo le persone, gestendone le relazioni.
Dal 2011 a oggi abbiamo imparato a conoscere bene Ren Scholfield in arte Container.
Una serie di dischi micidiali, pubblicati in particolare su Spectrum Spools, Morphine Records e Liberation Technologies, per offrire un nuovo punto di vista sul noise e le sue applicazioni in ambito dance. Non un semplice parametro per arricchire textures e atmosfere, ma un elemento vivo che si fa struttura portante senza però sovrastare il resto, anzi amplificando l’effetto dirompente del battito.
In Lp ritroviamo il codice Container ancora una volta raffinato con pochi sensibili cambiamenti.
Il sound, pur mantenendo un andamento vorticoso, appare più asciutto e attento a ricercare un effetto ipnotico. Verrebbe quasi da parlare di trance industriale con le drum machines a conferire un carattere di fisicità estatico-edonista. Celebriamo ballando un mondo destinato alla rovina.
Federico Spadavecchia