Savana #Mash. Il Report

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1983

Signore e signori, abbiamo un vincitore. Col beneficio del dubbio, dubito però che Dj Khalab o Nigga Fox (non visti) possano aver rivaleggiato col concerto incendiario regalato da EEK e Islam Chipsy. Costoro, tre giovani egiziani con due batterie e una tastiera, sparano in faccia al pubblico ritmiche assordanti, linee melodiche che conquistano. È chiaro: l’intento è di fare più casino possibile, senza compromessi. Sorrisi stampati come quelli dei bambini che aprono i regali di Natale, felicità sincera.
È chiaro: si divertono tantissimo sul palco. Non c’è un attimo di tregua, Islam ha uno stile pianistico percussivo, come se non bastassero le due batterie all’unisono, le melodie (probabilmente nient’altro che motivi popolari egiziani ricontestualizzati, vitaminizzati) trasmettono l’entusiasmo e la foga dei Ramones, dei Motörhead, degli Atari Teenage Riot.
La colonna sonora di una rivolta gioiosa e vincente: questa dovrebbe essere la musica da sparare ad alto volume dai sound system incancreniti delle manifestazioni di piazza nostrane. In giacca di pelle ornata di catene, t-shirt col teschio, borchie applicate artigianalmente qua e là e Timberland bianche che di sicuro ritiene elegantissime, Islam invita la parte del pubblico rimasta fuori (a guardare dai finestroni, o col naso incollato allo smartphone, ma perchè) a entrare, a unirsi alla sua festa irresistibile.
Ma purtroppo il milanese non si entusiasma mai. Procuratevi senza farvi domande il loro devastante album di debutto “Live at the Cairo High Cinema Institute” (Nashazphone, 2014) mentre vi racconto di cos’altro ho visto a questo festival.

Lichens: un flight case di modulari, vocalizzi orientali su droni analogici, cicalini, i visuals sono impossibili screen saver retrofuturisti dalla granulosità anni 70. Dovrebbe comporre una colonna sonora per qualche film di fantascienza surreale, sulle tracce di ciò che hanno fatto Mica Levi per Under the Skin o Sinoia Caves per Beyond the Black Rainbow. Inaspettatamente però, è stato meno convincente dei citati.

Hassan Khan: un artista multimediale egiziano che propone una performance basata su campionamenti di gamelan, fra ripetitività, addensamenti e, a tratti, bordate di cassa dritta piuttosto ignorante. Mi ricorda The Culling Is Coming dei 23 Skidoo, ma penso che la comprensione delle sue performance sonore sia limitata se non viene collegata al suo lavoro come artista visuale. Set comunque interessante.

Awesome Tapes From Africa: il dj set di Adam Shimkovitz è sempre una garanzia, le sue musicassette provenienti dai più misteriosi recessi dell’Africa Nera mostrano istantanee di un pianeta torrido e lussureggiante al confronto del quale il funk sembra roba fatta da svedesi introversi. Impossibile restare impassibili, inutile provarci con Shazam.

Al-Doum & the Faryds: la band milanese che cerca la rotta per per gli spazi siderali tramite la strumentazione orientale ammalia con il suo armamentario di sitar, oud e tablas. Presto però vira verso suoni che ricordano la neopsichedelia inglese dei tardi anni 80 (Ozric Tentacles e affini) mostrando di trovarsi a suo agio anche in questo contesto.

El-Mahdy Jr.: il dj turco-algerino stupisce per l’atmosfera oscura e apocalittica, fra field recording, droni striscianti, dub, marce militari su proclami arabi che potrebbero essere comunicati dell’Is. Ogni tanto sgancia ritmi da illbient newyorkese d’annata, volutamente non insiste, il disagio ha il sopravvento. Sarebbe perfetto per un pomeriggio claustrofobico a un festival come l’Atonal di Berlino.

Purtroppo non ho potuto assistere alla programmazione nella sua interezza, dai talk, che ormai sono un’apprezzata costante delle produzioni S/V/N, agli showcase pomeridiani, con dj set di Helm e Rabih Beaini, nè mi sono tuffato nella Disco Fair per non correre il rischio di lasciare etti di cambiali sugli stand della Pan o della Honest Jon’s…lo scopo di questa manifestazione dedicata alle musiche post-globalizzazione mi sembra pienamente raggiunto. Mi aspetto che in futuro si propongano anche sonorità e artisti di diversa estrazione rispetto all’area mediterranea che ha caratterizzato questa prima edizione, magari con un altro Islam Chipsy, giunto a noi europei semplicemente grazie a un video amatoriale caricato su Youtube.

Andrea Cazzani
Foto: Barbara Scabini

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