Elita Festival ’10

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Metti una sera a Milano, metti una sera a Milano con artisti straordinari in una cornice d’eccezione come il Teatro Parenti, metti una sera a Milano con artisti straordinari in una cornice d’eccezione come il Teatro Parenti sommerso da tanti amici che forse neanche a Natale.

Ecco quella di venerdì scorso è stata la migliore festa che si sia vista a Milano dai tempi della prima volta di Sven Vath ai Magazzini Generali nel 2004 (quella famosa notte in cui fece nevicare), e tutto questo grazie al team dell’Elita festival.

In un periodo convulso come quello del Salone del Mobile, sempre pronto a trasformarsi nella Sagra della Porchetta quando meno te lo aspetti, le brutte sorprese sono da mettere in preventivo.

I locali prettamente adibiti al clubbing del capoluogo lombardo inoltre già da parecchio tempo non garantiscono più un adeguato standard qualitativo, sia per la proposta artistica che per il pubblico, ed infatti puntalmente ecco come sono andate le cose mercoledì sera per Stacey Pullen ai Magazzini Generali secondo quanto riportato dal sempre presente Simone KK:

Il peggio Pullen mai sentito!Non era lui dritto, loopy, banale, fantasia 0, backgroud detroit 0, groove 0, blackness 0, funkytudine 0. I primi 40 min irriconoscibile. A me continuerà a piacere Pullen poichè so quanto vale. Il problema che se lo fai davanti all’asilo mariuccia della pasticca, egli come tanti altri verrà nel ns bel stivale a fare le marchette. D’altronde il peggior mills della mia vita (16 anni in 9 stati europei) è stato proprio ai magazzini. Salvo 3 dischi verso le 3/3.15 poi ho preferito andarmene. Peccato xkè al parenti i mom han suonato bene. Ma d’altronde Elita quest’anno è il parenti!
Il resto? pensate che ieri le alternative erano: dj set Klaxon al Plastic; x la serie se mi fa cagare già il live come il cantato di cotugno, ve lo immaginate il Toto dj set? Poi far uno dei Kraftwerk a Corsico in un buco + piccolo del Rocket con l’impianto chicco lascia senza parole. Elita= Franco Parenti.

E proprio a teatro pochi giorni dopo ci incontriamo per assistere ad uno spettacolo unico, a cominciare dal live di Byetone, cofondatore insieme a Carsten Nicolai della label Raster Noton. Diviso in quattro movimenti, i suoni che escono dal suo laptop sono di una perfezione inquietante, glaciali e puliti, ma, a differenza dei suoi compagni di scuderia, mantiene un’altrettanto elevata componente danceble. Una performance da mettere come esempio sul dizionario illustrato della minimal techno.

Applausi finali per Olaf ed iniziamo a ballicchiare rilassati sulle atmosfere cristalline di Pantha Du Prince. L’artista tedesco esegue per l’occasione l’ultimo acclamatissimo album Black Noise contornato da hit passate maggiormente orientate alla pista, di modo da dare quell’andamento proggy tanto caro a top Dj’s come Cattaneo e Sasha. Già immagino che al Bar25 le prossime domeniche mattina non si suonerà altro.

A completare l’opera ci pensa il geniale John Hopkins, senza pianoforte a coda questa volta ma con una carica degna dei primissimi Prodigy.

Anche per lui si tratta più che altro della riproposizione dell’ultimo disco Insides: le mani colpiscono velocemente i tre pads della Korg ed il beat si deframmenta in molteplici parti dando la sensazione di trovarsi sotto una frana.

Idm, techno e musica classica si fondono insieme, e quando sul finire la cassa si sfoga in un tradizionale 4/4 scoppia il degenero!!!! Standing ovation per John che si conferma essere uno dei profili più interessanti della scena elettronica mondiale.

E’ ancora presto quando ci ributtiamo in strada e allora decidiamo per fare una capitina all’Hundebisse nella zona nord est di Milano.

Questo locale, a metà strada tra un centro sociale e un club, si trova in un seminterrato di una fabbrica e ricorda molto da vicino il mattatoio de Le Iene di Tarantino. Anche qui comunque arrivano gli echi del Salone ma l’atmosfera più che apparire glamour è decisamente grottesca.

All’interno un misto di dark, punk fuori di testa e semplici appassionati si dimenano sul ritmo asfissiante di una band punk noise. So underground it hurts diceva il buon Abe Duque

Adesso è davvero ora di andare, magari riesco a dormire pure qualche ora prima di prendere il treno.

Grazie di tutto Elita e all’anno prossimo.

Federico Spadavecchia

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