Club To Club X

0
1286

Dieci anni, così come Dissonanze anche Club To Club arriva alla doppia cifra sulla torta e scherza sull’età perchè, a detta dello stesso Sergio Ricciardone (Deus ex machina di Xplosiva) i dieci anni segnano il passaggio al mondo adulto dei festival mettendo fine al periodo dei giochi.
Il sottotitolo The X superstition è quindi lo strumento usato dall’organizzazione per esorcizzare la paura del futuro (leggere alla voce Dissonanze non sarà più quello di prima) e delle sempre maggiori responsabilità che una manifestazione di questo calibro comporta.

E così eccoci giovedì sera a Torino davanti ad un teatro Carignano strapieno di gente accorsa in massa per la grande inaugurazione con lo show di Plaid & Gamelan Orchestra.
Memori dell’esaltante spettacolo offerto lo scorso anno da Francesco Tristano, Carl Craig e Moritz Von Oswald pregustiamo le delizie sonore che il duo inglese ci offrirà stasera.
Il destino è però beffardo e il concerto non è all’altezza delle aspettative: la Gamelan con tutta la sua batteria di xilofoni, gong e altri strumenti etnici assume l’assetto dei 18 musicisti di Steve Reich, ma più che un’orchestra ricorda un progetto di ricerca universitaria sulla cultura dell’estremo oriente, dove la musica ha più una valenza di dimostrazione scientifica che non una parte da protagonista. Inoltre l’apporto dei Plaid si limita a loop ambientali e ritmici, riuscendo soltanto in alcuni movimenti a dar vita ad un corpo organico. Nemmeno una cover di Aphex Twin fomenta l’entusiasmo in sala. Sala che, dopo appena un quarto d’ora, si rivela popolata di presenzialisti della prima ora intervenuti solo per farsi notare e che, una volta spente le luci, spariscono meglio di Mandrake.

c2c

La festa continua al Motor Village di Mirafiori con il funky di Floatin Points che, a dire il vero, non mi ha impressionato più di tanto, e Joy Orbison che, quando lascia stare i classici house anni ‘90 per dedicarsi alla dubstep che l’ha reso celebre, non teme rivali.
Degno di nota è il buttafuori che si avvicina a Joy per chiedergli, rigorosamente in Italiano, se può avvertire il pubblico che è stato trovato un mazzo di chiavi. Succede solo in Italia.

c2c

Il venerdì inizia nuovamente sulle balconate dorate del Carignano per l’attesissima Hyperdub night.
Portare su uno stage così prestigioso l’ultimo grande genere moderno è una bella sfida che per la crew di Club To Club, e la missione può considerarsi superata a metà.
Il primo a salire in scena è il patron della label inglese, Kode9, che apre il concerto con un semplice djset basato per intero sui brani del pupillo dalle uova d’oro Burial.
Il pezzo forte dell’esibizione è però il suo live insieme a Spaceape: la cassa si fa consistente e apoplettica, il basso si srotola sugli ascoltatori mentre il vocalist quasi ci ipnotizza. Vorremmo essere tutti a ballare e ci viene il dubbio che forse la ricerca ostinata dell’aulicità del teatro (e della conseguente consacrazione culturale dell’elettronica) non sempre è da preferire alla polvere di uno scantinato.
Tocca adesso ad uno degli act con più hype dell’anno, quei Darkstar cui sembra sia stato affidato il compito di coniugare il pop rock dei Radiohead con il dubstep.
Beh per esser gentili diciamo che i ragazzi di strada ne hanno ancora da fare parecchia!
Si presentano in tre e per un’ora assistiamo al live degli Alphaville de no artri, con il cantante che vorrebbe essere lo Ian Brown di Wanna be adored ma che alla fine risulta solo odioso a scapito della sua bella voce.

Darkstar @ Club To Club 2010

Bastan due canzoni a far scappare il pubblico. D’altronde la notte è lunga e al Supermarket c’è Jeff Mills mentre all’Hiroshima mon amour, nostra meta, Kevin Martin, Caribou e Four Tet.
Arrivati al locale in zona Lingotto la sfiga ha dato un’altra zampata!
A sorpresa il party è andato sold out ed un black out ha abortito il live dei King Midas Sound dopo pochi minuti causando la sospensione della serata.
Fortunatamente la macchina si rimette in moto, anche se con quel di ritardo sufficiente per farci saltare il finale da The Wizard, e un muro umano si pone innanzi al suono zincato dei KMS.
Il gruppo guidato da Martin è ferocemente poetico ma il soundsystem dell’Hiroshima non è in grado di sopportarne l’impeto.

King Midas Sound @ Club To Club 2010

Il secondo live in scaletta è quello di Caribou, fresco di svolta dance per la gioia di tutti gli indie boys repressi che finalmente possono consumare le loro All Stars ed appannare le enormi lenti quadrate che hanno perennemente sul naso.
La struttura del set è quella da concerto rock con chitarra, basso, batteria e synth, fatto di melodie ecstatiche e pulsazioni wave di pregevole fattura (il riferimento è il monumentale Technique dei New Order), che alle orecchie dei ragazzini coi baffetti e Rayban suonano come la carica rave di Venetian Snares facendogli scoprire la gioia di una bella sudata sul dancefloor!!

Caribou @ Club To Club 2010

I titoli di coda scorrono subito dopo l’esibizione di Four Tet, che riscrive il suo ultimo album in chiave cassa dritta e basso proggy di modo da far ondeggiare i clubbers in un oblio zuccherato tutto sorrisi e volemose bbene.

four tet

Sabato. Il Gran Finale del Club To Club 2010 comincia già dopo pranzo con un convegno al Museo di Scienze Naturali sull’economia dei festival per proseguire, nella stessa suggestiva location, con un piccolo showcase della Border Community.
In apertura l’ottimo live del local hero Vaghe Stelle a base di IDM. L’artista torinese dimostra di essere ormai pronto per un ruolo di primo piano su di un palco importante e personalmente, a conti fatti, l’avrei preferito di gran lunga al posto dei sopravvalutati Darkstar.
Kate Wax mi piace, è una bella figliola, ha una voce interessante ed ama gli anni ‘80, però bisognerebbe informarla che l’electroclash è finito da almeno 7 anni!!!
Carissima Kate ti inviteri volentierissimo a bere qualcosa ma facciamo che per quel tuo concerto avrei degli impegni che non posso proprio rimandare…
Luke Abbott ha, invece, il fascino di una stampante ma cavolo se ha talento!!!
Ciò che esce dal suo Pc è tra le cose più interessanti di questi tre giorni: le tipiche melodie eteree dell’etichetta di James Holden (presente in sala assieme alla sua assistente/generalessa) si annodano a nevrotici giri di basso, le mani di Luke non danno pace al controller nemmeno per un secondo, e si avvertono derive warpiane. Che peccato non averlo visto all’opera all’Hiroshima al fianco di Four Tet!!
Non finirò mai di ringraziare il buon Max Car per avermi salvato da un digiuno sicuro e per avermi fatto arrivare in tempo al Lingotto per il set di Shackleton.
Il produttore inglese si esibisce nella sala rossa dove una strobo illumina a intermittenza il rito voodoo dell’ex Skull Disco.
L’atmosfera è lugubre e incendiaria: su di un groove che chiude ogni via di fuga sale un basso cavernoso lento e inesorabile come la morte! E il popol de morti sorse a chieder la guerra!!!
Non fosse che Sammy nella vita di tutti i giorni è uno spensierato cazzone potrebbe essere a ragione il Ian Curtis del mondo moderno.
By the way il premio siamo persone intelligenti ma ci divertiamo molto di più a fare i tamarri va dritto senza gara alcuna ai Modeselektor.
Cassa dritta, spranghe, urletti e saltimbanco(del mixer) sono la sostanza di uno show esaltante che però mette in difficoltà Holden cui spetta il diffcilissimo compito di esibirsi dopo il duo berlinese.
Il set inizia quindi all’insegna del ritmo lasciando intendere che per le melodie ci sarà tempo.

holden

Intanto si son fatte le 3 ed è ora di Shed che, sebbene l’avevamo già visto in dj set all’Amsterdam Dance Event appena 2 settimane fa, oggi ci potremo gustare live.
L’uomo più serio del mondo si presenta in consolle con la solita camicia a quadretti da ragioniere e uno stuolo infinito di attrezzature analogico/digitali per una performance steam-dub.
Shed racconta la storia di una città funzionante ma disabitata, in cui il vociare umano è sostituito dal Klang delle fabbriche e la felicità è il riflettersi del sole nei grattaceli a specchio. All’interno di questa cyber utopia anche le emozioni sono meccaniche.
In chiusura l’altro resident del Berghain, Marcel Dettmann, devasta i ballerini con la sua Techno squadrata che però, mentre ormai sto andando via, mi pare più groovosa del solito e la cosa mi fa davvero piacere.
In definitiva Club To Club in questi dieci anni è stato uno dei motori che han traghettato la scena italiana, attraverso tutti i trends che si sono succeduti, portandola ad un buon livello di considerazione internazionale e allo stesso tempo fornendole nuove prospettive di sviluppo al di fuori degli ambienti commerciali.
La prova del nove è stata la serata del sabato di quest’ultima edizione, dove a fronte di un cartellone ricco ma privo di nomi for the masses il coinvolgimento del pubblico non si è fatto attendere dimostrando la totale fiducia della gente nei confronti di Club To Club.

Federico Spadavecchia

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here