Ormai sono anni che è sempre la solita storia con il consueto pesantissimo carico di stress e rimpianto per non avere avuto il coraggio di perdere quel dannato aereo e vivere lassù per sempre.
Tornare alla realtà di tutti i giorni anche solo dopo essere stati pochi giorni a Berlino è un’esperienza quasi traumatica. Lo avverti appena già dall’atterraggio che non è la stessa cosa, che l’atmosfera è diversa, decisamente più tesa e incazzosa.
L’ultimo libro del giornalista tedesco Tobias Rapp si intitola Lost and Sound: Berlin,Techno und der Easyjetset, e proprio quell’ultimo termine, Easyjetset, racchiude l’essenza della capitale teutonica.
Qui lo stile di vita è quanto di più semplice si possa immaginare per una grande Capitale europea, non esiste una filosofia dell’esserci per apparire ma un’esagerata voglia di partecipare.
E’ per questo motivo che entrare nei club è così difficile: bisogna sempre dimostrare la propria appartenenza alla scena locale cosa che vuol dire molto di più che non andare a ballare tanto per sballarsi un pò; devi considerarti, e farti riconoscere, come uno dei personaggi che ogni lunga notte berlinese racconta.
Per me è stata quella di venerdì scorso, la Sub:stance night del Berghain/Panoramabar.
Organizzato da Pete aka Substance, il party in questione si pone l’obiettivo di divulgare i nuovi suoni dubstep provenienti da Londra, continuazione perfetta della fusione tra dub e techno da sempre alla base dell’etichetta Basic Channel, di cui Pete è uno dei fondatori.
E sempre in tema di “padri fondatori” a rendere ancora più speciale l’evento è il concerto di Kevin Martin aka The Bug, uno dei primi artisti messi sotto contratto dalla Warp e poliedrico produttore dai mille alias (Godflesh, Technoanimal, The Bug..).
Per l’occasione il Berghain, club famoso nel mondo per le sue maratone impossibili, apre già le porte alle 21; anche questa è selezione perchè per chi viene apposta per la musica, arrivando presto, non c’è door policy, mentre tutti coloro che verranno dopo mezzanotte per ascoltare Miss Kittin al Panorama dovranno sottoporsi all’insindacabile giudizio di Sven, che anche quando non è fisicamente presente nel locale continua a vegliare sui clubber grazie ad una gigantografia in bianco e nero che lo ritrae da giovane accompagnato da due dobermann, capelli lunghi e pupille girate all’indietro.
A scaldare la pista della ex centrale energetica di Friedrichain troviamo l’emergente Robotic con un sound solare ragga oriented perfetto per accompagnare gli amici attraverso le varie sale e fargli prendere una rapida visione della tana del bianconiglio.
Alle dieci e mezza inizia finalmente la festa: su una pedana affianco alla consolle ecco arrivare Kevin, vestito come un guerriero della strada post guerra atomica.
La sua performance è un ibrido di live e djset, in pratica propone i suoi lavori con giradischi e laptop intervenendo live con due kaosspad, un altro paio di effetti a parte per echi e riverberi, ed un synth.
La prima parte è dedicata ai brani più vecchi e strumentali del periodo Warp, ma quando finalmente si parte con il nuovo album “London Zoo” e il singolo “Angry“, il potente impianto del Berghain (che vanta un surround 6.1) scuote lo stomaco dei clubbers semplicemente con lo spostamento d’aria a due metri di distanza.
Assoluta protagonista della seconda parte dello show è la vocalist grime Warrior Queen, un concentrato d’energia, voce e ironia in circa 200 kg:
Incita il pubblico, rappa come la migliore Missy Eliot e converge su di sè tutta l’attenzione della pista, ma grazie al cielo non fa stage diving…Insane e Poison dart sono un autentico delirio…
Inizialmente pensavo che il dubstep fosse inesportabile dal territorio inglese, sbagliavo perchè come per tutti i generi strumentali ognuno può trovare la chiave di lettura che più lo aggrada, in realtà è il grime ad evere vita difficile fuori da Londra: il suo mix di elettronica, hiphop e ragga alla lunga può risultare indigesto per gli amanti della cassa in quattro.
A fine live torna in consolle Robotic e preapara il terreno per il primo dj ospite della serata:Scuba.
Questo tranquillissimo ragazzo inglese, tra le stelle più luminose della scena dubstep, usa ogni singolo watt dell’impianto a sua disposizione e, senza alcun trucco digitale, fa combaciare ritmi irregolari al limite dell’idm. Il mood è oscuro, metallico, il basso travolge ogni cosa, fa tremare perfino i gabinetti del piano terra propagandosi attraverso gli spessi muri di cemento armato. Assolutemente irresistibile, Scuba esegue il miglior set della serata.
Tocca poi a Martyn, che a dir la verità non m’impressiona più di tanto così decido di salire di sopra a vedere parte del set di otto ore di Miss Kittin e Martinez.
Ora che la Caroline sia una ragazza dal fascino particolare e che abbia contribuito alla realizzazione di tracce che a ragione fanno parte della Storia Techno è pacifico come che sia stata altrettanto apprezzabile agli inizi della carriera djistica per come proponeva i dischi della sua collezione pur non avendo una gran tecnica, comunque restando fedele alla sua personalità. Adesso però la djette francese ha smesso di sbagliare i passaggi in favore delle facili sincronizzazioni di Traktor, ma così facendo ha anche lasciato a casa la borsa con stile e vinili.
Mi spiace ma la Gattina ha smesso di graffiare, il set è inutilmente lungo e lei non ne ha troppa voglia, ed infatti il rapporto di dischi messi con Martinez è di 1 a 5, senza contare che come back to back era abbastanza improvvisato: la Kittin lanciava sassate dal cavalcavia mentre Martinez provava invano di impostare atmosfere deep.
Meglio allora scendere perchè è l’ora del maestro Kode9, vale a dire il patron della Hyperdub records nonchè colui che ha scoperto Burial.
Kode9 l’avevo già visto all’opera il marzo scorso al BLOC in versione live con Spaceape ed era stato straordinario, ma come Dj ha reso ancora di più!!!
Innanzitutto, come Scuba prima di lui, si avvale solo di vinili e poi mostra una tecnica paragonabile a quella di Jeff Mills: giocando soprattutto con l’equalizzatore fonde ritmiche e melodie, creando un continuo flusso sci-fi che ci permette di viaggiare attraverso nuove dimensioni parallele. Ecco in questi momenti puoi avvertire chiaramente la magia del Berghain: uomini, donne, nerd, fighe, playboy e trans ballano tutti insieme abbracciandosi spontaneamente felici di vivere un sogno comune. Kode9 rimane concentrato sui piatti fino alla fine non guardando quasi mai i ballerini ben sicuro che l’avrebbero seguito ovunque avesse voluto.
La serata trova il suo giusto epilogo (solo per il Berghain visto che il Panorama sarebbe andato avanti almeno fino alle 14 con il set di Steffi) con il set di Ramadamman, giovane talento della prestigiosa Soul Jazz, cui spetta il compito di ammorbidire i colpi salvo poi (alle ore 8 e mezza!!!!) concludere con una raffica drum’n’bass che sballa definitavemente il nostro equilibrio mentale, segno che è ormai ora di andare a dormire.
Federico Spadavecchia