Krake Festival ’14: Tra Arte e Turismo

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Il Krake Festival è una delle recenti novità della ricca offerta berlinese.
Nato nel 2010, è portato avanti dalla KilleKill, etichetta di stampo acid techno che prova a ricombinare gli schemi old school britannici con il beat teutonico.
Per questa quarta edizione l’evento presenta diversi cambiamenti: di casa a Warschauer strasse, presso il Suicide Circus (che vista l’opera di bonifica dell’area ferroviaria chissà quanto ancora potrà resistere), il Krake si allarga all’adicacente galleria multidsciplinare Urban Spree per il main event del sabato, dedica  una maggiore attenzione alla visual art, ma soprattutto fa un investimento notevole per quanto riguarda la line-up, nella speranza di affacciarsi alla stessa finestra delle grandi produzioni locali con un ottimo ritorno economico.
L’attività di promozione è stata una guerra porta a porta, tutti in città si sentono coinvolti, sia appassionati duri e puri che semplici curiosi.
Come ci fanno notare alcuni addetti ai lavori:”Essenzialmente si tratta di un festival per turisti: hanno radunato artisti che risiedono tutti a Berlino, e che di norma si possono vedere singolarmente ogni weekend. Con migliaia di ragazzi che vengono qui giusto due settimane per le vacanze è una scommessa vinta in partenza“.
Impressione che ci viene confermata già alla prima sera quando un attonito Dj Pete (Hardwax/Basic Channel) ci dice:”Ragazzi dove avete nascosto i Tedeschi??!! Ci sono solo Italiani!
L’inaugurazione è fissata il lunedì subito dopo lo Schlagstrom con la presentazione ufficiale, ma è il mercoledì che si incomincia sul serio con il party al Kantine am Berghain.
La dependance del noto club di F’chain durante la bella stagione permette di godere del giardino per trascorrere qualche ora di relax, mentre all’interno si crepa letteralmente di caldo (anche se va registrata un’affluenza di pubblico davvero inaspettata), e l’impianto non è paragonabile a quello montato nella ex centrale termica.

Leit motiv della festa è il sound rave acid tra techno, IDM e d’n’b con la partecipazione straordinaria di Neil Landstrumm, ormai da qualche tempo accasato con KilleKill.
Tuttavia la sua performance ha lasciato quasi la totalità del pubblico, noi compresi, con l’amaro in bocca: quello che doveva essere un live entusiasmante è parso come un djset confuso, in cui non si è capito dove volesse andare a parare e peggiorato da qualche sbavatura tecnica.
Non torniamo però a dormire con le mani vuote perchè scopriamo l’ottimo Logical Disorder, al secolo Javier Barrero da Barcellona, la cui IDM viaggia tra soundscapes post industriali e scintillanti melodie ecstatiche di scuola Paradinas.
Il nostro venerdì notte al Suicide Circus si apre con la chitarra trattata di Svarte Greiner del circuito Type rec. (Pete Swanson, Vatican Shadow, Porter Ricks). Trenta minuti circa di angoscia, paranoia e connazionali che ti chiedono:”Ma la musica sarà tutta così? La droga dove la trovo?“.
La techno arriva con il live dei romani Plaster: sound design d’avanguardia e beats taglienti da manuale Stroboscopic Artefacts.
Uno degli show più attesi è stato di sicuro quello dei Demdike Stare, che hanno offerto un saggio delle diverse influenze alla base del proprio repertorio (jungle, dub, ambient cinematica, techno).
Così se da un lato lo spettacolo ne guadagna in suggestione, dall’altro ne perde in omogeneità risultando spezzettato in più atti.
A riportare il festival sulla retta via del 4/4 senza compromessi ci pensa Paula Temple, con un ibrido live/djset analogico/digitale di rara intensità.
La giovane dj inglese è ormai in orbita, bravissima sia in consolle che in studio a gestire dinamiche, frequenze, sudore e sorrisi.
Siamo ancora su di giri e con il prossimo guest saranno dolori di carne e spirito.
Ancient Methods sale in cabina di regia armato di laptop e controller: partenza leggermente breaks e poi alla carica con marce marziali quasi EBM, confermandosi una garanzia di divertimento e qualità.
Peccato Alex Cortex sul finale che si adegua a una blanda tech house come quella proposta nel cortile per l’intera notte e di cui a noi non frega nulla.

Il sabato è musicalmente più vario e lo battezziamo con l’IDM galattica, rimodulata su partiture housey, di Ovuca alias Astrobotnia alias Aleksi Perälä, una colonna della scuderia Rephlex.
Allo Urban Spree nel mentre si tiene lo showcase della label greca Modal Analysis, il torneo di combattimento coi robot e live analogici di ogni tipo.
Quando arriviamo ANFS (MA) fissa il vuoto e tiene i ballerini incollati alla pista con un sound siderale.
Nella sala affianco, al termine del Tenkaichi coi transformers autocostruiti, è la volta del mitico Felix Kubin, personaggio chiave della Neue Deutsche Welle già dall’adolescenza (fondò il gruppo punk Die Egozentrischen Zwei).
Originario di Amburgo, Kubin si ispira all’immaginario fantascientifico degli anni ’60, interperetando il ruolo dell’alieno cosmonauta tra citazioni di musica popolare, un forte senso dell’ironia e avanguardia vintage (non a caso il suo strumento preferito è il Korg Ms-20).
Il concerto è iper godibile, incentrato principalmente sui nuovi pezzi, lasciando ai classici gli ultimi minuti (su tutti Hotel Supernova con il suo spassosissimo video).
Altrettanto succulento, anche se in maniera diversa, il set degli AnD: i mancuniani mettono sotto torchio la neonata Roland Aira Tr-8, sfoggiando una potenza di fuoco persino superiore a quella dei Karenn.
Niente di soffisticato o sorprendente chiaro, solo un’eccezionale onda energetica su cui surfare fino al centro dell’oceano.
Il tempo dei saluti nella main room del Suicide Circus è dettato da un altro act storico, DMX Krew, nelle sue vesti techno acid con Tb-303 live.
Fuori, come la sera precedente, la solita minimal da acquagym.
In un periodo di profondi mutamenti per Berlino il Krake cerca di ritagliarsi uno spazio, camminando sul filo tra tentazioni commerciali e apirazioni culturali di spessore.
Tuttavia è necessario ancora uno sforzo sul target a cui è indirizzato per affermarsi pienamente come big name, altrimenti continuerà a seguire il percorso a fasi alterne della stessa KilleKill.

Federico Spadavecchia

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