Sonar ’11: El Gran Final

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Del sabato ho già detto sopra in riferimento al live di Apparat, di distinto spessore.
Bene anche Actress, subito dopo lo stesso Apparat, anche se al buio dello stanzone dove si trovava il suo set ho preferito il sole del Village e dopo poche decine di minuti mi sono appropriato della luce e delle note di Gilles Peterson, molto vario e spensierato nelle proposte, con ritmiche sudamericane e semiserie alternate a dischi più strutturati ma sempre da sorriso sulle labbra e drink in mano.
Segnalo poi la incazzatissima prova di Yelawolf, americano cosparso di tatuaggi nato dalla scena Hip Hop del sud degli USA, di cui girava la leggenda che fosse Eminem sotto mentite spoglie. La sua voce effettivamente poteva trarre in inganno e l’etichetta di appartenenza diceva Shady Records. Lì vicino a dove stavo io ci credevano tutti. Chiaramente non era lui. Ma la cosa poteva in quel momento essere credibile.
Come quella volta, se non ricordo male nel 2003, che Laurent Garnier si presentò sul cartello come DJ Jamon della Jabugo Records.
Una sorpresa al crepuscolo, quella degli svizzeri Filewhile, divertentissimi, che hanno chiuso il Sonar by Day, nella pista principalefrfrccc, appunto il Village.
Veniamo, per concludere, all’ultima tappa notturna. In partenza ho potuto ammirare, da profano del video editing, le performance di Chris Cunningham. Stesso sconcerto provocato da Aphex Twin, con cui ha lavorato a lungo. Una precisione di missaggio tra la parte musicale e quella video da rabbrividire. Unica controindicazione, tenere lontani i deboli di stomaco per la crudezza delle immagini.
In ordine sparso abbiamo ballato gli Underworld, apprezzato come al solito un composto Angel Molina fare alla grande il suo compito di degnissimo tappabuchi, con idee techno rarefatta ed originale sia per potenza sia per impatto sul pubblico.
sonarPutroppo senza il dono dell’ubiquità ho perso parecchia roba, oppure ascoltato poco di tanto. Tra questi sottolineo tra i più positivi Shackleton, una sicurezza. Tra i giovani il francese Arandel e l’italiano Lucy. Quest’ultimo rilevato con il recente album Wordplay for working bees si è assolutamente fatto apprezzare come produttore. Dal vivo merita una menzione particolare per la sua Techno dall’anima quadrata, geometrica ed inattesa per un così giovane produttore. Spranghe e Catene@Sonarcar with Lucy! (cit).
Successivamente un devastante Surgeon. Massiccio lui, massiccia la sua musica. Un vero duro.
Segnalo invece negativamente “l’attore” Paul Kalkbrenner, che si è pure presentato in ritardo rubando spazio a James Holden. Uno show che mi ricorda i fenomeni da baraccone stile peggiori Love Parade. Un chiaro indirizzo commerciale deludente, da uno che qualche bella cosa in passato l’aveva pure fatta. Un profondo esame di coscienza dovrebbe farlo riflettere. Sopravvalutato e autolesionista.
Fuori luogo la speaker della BBC Mary Anne Hobbs conduttrice di Experimental Show, programma che ha di fatto creato il Dubstep. A mio avviso senza grosse capacità di tenere una pista come quella del Sonar, per scarsità di intensità, indubbio però l’intento “mercantile” della cosa.
Solo alla fine ho apprezzato una differenza con gli altri anni: la parziale incongruenza di alcune proposte susseguenti nella stessa sala. In principio pensavo che potesse essere letta come un’errata strategia, invece ho visto tantissima gente muoversi tra un padiglione e l’altro cercando qualcosa di proprio gradimento, facilitando anche l’ascolto di artisti sconosciuti in cui ci si poteva imbattere.
Una volta per tutte su James Holden vale la pena spendere più di una parola. Mi aspettavo molto da lui, intanto perché il suo dj kicks su K7! dell’anno scorso me lo ricordo ancora come un gioiello, poi perché ha sempre dimostrato coraggio: anche questa volta non ha sbagliato nulla. Traiettorie eteree a lunghissima gittata. Spesso volutamente manchevoli di cassa e supporto di bassi. Citazioni di Closer Music, Caribou, Mit, Maserati, Martial Canterel …voglio dire, ma dove lo trovi uno così.

Lunghi abbracci, emozioni e baci fra gli spettatori. Rari i finali più autorevoli.
Ed ora non posso far altro che ringraziare Linda e i tanti amici che sono stati con me, con cui abbiamo passato squisiti momenti e scusarmi con i lettori per la parentesi sentimentale. Ma è così ed è ora che la ROTA, ossia l’astinenza da festival, si manifesta.

Lorenzo Teneggi

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