Approfittando dello Showcase della Trapez rec. tenutosi in provincia di Vicenza in occasione del compleanno del circolo culturale Fabbrika, abbiamo incontrato uno dei Dj’s più promettenti del momento: Oliver Hacke.
Originario di Dusseldorf Oliver è un ragazzo dalle mille sfaccettature, raffinato produttore per labels come le prestigiose Trapez e Traum con le quali ha pubblicato diversi singoli ed un album, ma anche studente di Economia e Dj giramondo. Eccovi qui di seguito la bella chiaccherata che abbiamo avuto il piacere di fare con lui.
Ciao Oliver che ne dici se per cominciare ci racconti in che modo è nata la tua passione per la musica elettronica?
Sostanzialmente è nato tutto quasi alla fine degli anni novanta quando ho smesso di ascoltare hip hop e in generale di seguire la cultura hip hop perché non mi dava più emozioni ed ho iniziato a cercare qualcosa di diverso. In questo modo mi sono imbattutto in sosftware shareware per produrre musica col Pc, e ho quindi deciso di usarli per suonare in giro. Successivamente ho conosciuto un ragazzo molto esperto di questi programmi che mi ha insegnato come servirmi di Cubase e simili. Una volta diventato più abile nel loro utilizzo, ho quindi guadagnato un belpo’ di soldi e ho potuto comprare qualche strumento hardware.
E’ molto interessante che il tuo sia un background hip hop visto che i Dj’s elettronici della nuova generazione solitamente provengono dall’indie-rock oppure dalla techno anni novanta…
Effettivamente, quando ho iniziato ad interessarmi alla musica nessuno della mia età seguiva la scena elettronica. Questo perché sostanzialmente erano spaventati dalla generazione precedente che ascoltava la techno, così preferivano dedicarsi alla trance o alla progressive e frequentare “white clubs” più tranquilli ed eleganti…
La trance infatti è sempre stata molto popolare in Germania…
Esatto ci piaceva davvero molto. Guardavamo alla techno sempre attraverso lo stereotipo della trance e questo ci portava a collegare al termine techno tutta una serie di caratteristiche negative. A quel tempo però era riemersa la minimale anche se basilarmente altro non era che musica techno definita con una diversa etichetta, questo sempre perché la parola techno era collegata a valori e situazioni tutt’altro che buoni. Inoltre tutte le persone che conosco non avevano colto l’effettivo significato del minimalismo.
Come definisci il tuo sound?
Sicuramente non minimal, non è per niente mia intenzione dedicarmi a produzioni minimali. I miei lavori sono più complessi…
E c’è anche una forte componente melodica…
Sì esattamente, c’è una componente melodica ma anche una componente di sound design…c’è il tentativo di provare ad inserirvi sensazioni, momenti, emozioni e qualsiasi altra cosa difficilmente trasferibile ad un’altra persona o suscitare stati d’animo completamente nuovi…
Insomma un modo personale per esprimere i tuoi pensieri e sensazioni…
Sì un modo per esprimere il mio stile di vita i miei pensieri e cose del genere, ogni cosa definibile attraverso la musica esplorando i sintetizzatori e la tecnologia. Tento di esprimere me stesso…
A proposito di sintetizzatori parliamo un po’ del tuo studio. Cosa usi di più: hardware o software?
Oh per la maggior parte hardware.
Interessante in un momento in cui i programmi per Pc la fanno da padroni…
Sì i ragazzi più giovani li usano molto e questo è ok. Ci sono un sacco di ottimi produttori di questo tipo che realizzano pezzi davvero favolosi. Ma tutto ciò non va bene per me che sono cresciuto facendo musica con strumentazioni hardware e quindi le preferisco.
Possiamo parlare di un approccio più fisico alla musica…
Sì è certamente così.
Come è nato il tuo rapporto con la Trapez records?
Un giorno mandai un promo cd ad un’altra label, la Karma Rouge, ma a quel tempo per qualche motivo loro non potevano pubblicarlo, così mi presentarono un’altra persona dicendomi che era un giovane di Colonia appartenente ad una etichetta piccola ma molto buona. Entrai quindi in contatto con i ragazzi della Trapez, ai quali le produzioni piaquero molto, e quindi diventai parte della famiglia. Conobbi Riley (Triple R il boss della Trapez rec. n.d.g.) e nel frattempo la label cresceva: le uscite, tra cui le mie, aumentavano ed il nostro rapporto si consolidava. Sono molto felice di far parte della Trapez.
Qualche tempo fa ho incontrato Matias Aguayo della Kompakt records, il quale mi ha raccontato di quanto la città di Colonia sia importante per la musica elettronica e di come lo abbia influenzato. E’ lo stesso per te che pur essendo di Dusseldorf lavori a Colonia?
Ma guarda io ho subito l’influenza sia di Dusseldorf che di Colonia. Se vogliamo trovare delle differenze tra questi due approcci possiamo dire che mentre la techno di Dusseldorf è più melodica, più rilassata, e non così orientata alla pista o alle hits preferendo esplorare le profondità del genere techno, il suono di Colonia, invece, è più espressivo, adatto all’ora di punta della serata, e dotato in alcune sue parti di un alone assai glamour. Io comprendo entrambi questi stili e li apprezzo.
L’imporsi di questa attuale ondata minimal ha reso la techno, ed alcuni clubs, molto di moda. Cosa ne pensi? Sei interessato a questa dimensione più trendy della musica?
No non mi interessa molto, però credo che questo possa portare nuove persone a conoscere la techno e nuovi talenti emergenti. Ma come uscirà tanta musica interessante ritengo che verrà fuori anche molta merda in egual misura. Poi certo potrei andare a suonare dall’altra parte del mondo in cambio di un sacco di soldi però non è questo che intendo fare, io al momento cerco solo di suonare in giro ed esprimere me stesso. Chiaramente se ci guadagno qualcosa non è male.
Vai spesso a ballare?
Non più così spesso…
Ci vai più per motivi di lavoro…
Sì, sto così tanto nei clubs che quando stacco preferisco stare coi miei amici al bar a chiaccherare. Non esco molto spesso. Ma frequentemente mi piace ballare: good music I dance, bad music I don’t dance!!!
Qual è il tuo Dj preferito?
Ci sono un sacco di bravi Dj’s. Se parli di bravi Dj’s in generale io credo che i migliori siano quelli ancora sconosciuti. Sono davvero tanti, quando vado in un club in una piccola città trovo spesso dei resident Dj’s che propongono ottima musica con un’ottima tecnica. Mi piace molto anche essere sorpreso quindi ascolto differenti Dj’s di correnti musicali completamente opposte. Apprezzo tanto Ricardo Villalobos col suo personalissimo stile, allo stesso tempo mi piacciono le cose proposte da Michael Mayer; Jeff Milligan, tecnicamente bravissimo, che riesce a suonare con non so quanti piatti, quattro o addirittura cinque…suona contemporaneamente quattro o cinque pezzi ed è davvero incredibile.
Parliamo un po’ della serata: questa è la tua prima volta in Italia?
Sì è proprio così. In Italia però ci sono venuto altre due volte in passato: la prima coi miei genitori quando avevo quattro anni, la seconda a diciotto anni in gita a Firenze con la scuola.
Suono quasi ogni mese in Spagna e questa è la prima volta che mi esibisco in Italia e non sarà l’ultima.
A parte il tuo amico Renato Figoli conosci qualche artista italiano?
Conosco gli artisti italiani soltanto per nome attraverso i dischi. Non frequentando i clubs non so quali siano i più in voga.
Cosa puoi dirci riguardo i tuoi progetti futuri?
Attualmente sto lavorando ad un nuovo disco sempre su Trapez e a Gennaio/Febbario uscirà un remix per Andy Vaz, e poi un altro remix per Marzo, quindi delle collaborazioni per una compilation in uscita sulla label spagnola Minuendo.
Uscirà anche un nuovo album?
Sicuramente, la domanda è: Quando?. Realizzare un album è molto diverso dal fare un ep perché lo puoi produrre essenzialmente per due ragioni: la prima è per promuovere i tuoi lavori mettendovi dentro delle tracce a caso già pubblicate come singoli; la seconda, invece, è più complessa riguarda il voler pubblicare qualcosa di completamente nuovo, e questo lo puoi fare solo quando hai qualcosa da dire. Quindi quando ci saranno le dovute condizioni stai certo che ne farò uno nuovo.
Grazie per il tuo tempo Oliver non vedo l’ora di gustarmi il tuo set stasera.
Grazie a voi.
Federico Spadavecchia