Dancity Festival ’15: Umbria Resistance

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Il Dancity Festival è la perla nascosta della nostra club culture. Nel cuore dell’Umbria, da dieci anni ha fatto della valorizzazione del territorio la propria bandiera, sia in quanto a supporto concreto degli artisti italiani e sia logisticamente parlando, scegliendo locations suggestive, dalle quali offrire una nuova prospettiva dell’arte.
Inutile mettersi a cercare il paragone-paraculo, Foligno fa vita a sè. Abbracciati dalle mura del centro storico, i ragazzi hanno voglia di divertirsi e di assaggiare gustose novità. Ne è un esempio calzante Mondo Musique, negozio di dischi aperto da Franco B e Marco Ragni, spazio all’avanguardia ma dal sapore old school, dove è possibile conoscere, condividere (stavamo per comprare mezza collezione personale di Marco…), confrontarsi. Dancity col passare del tempo prende la forma di un progetto ambizioso, portato avanti con passione e tenacia perchè sappiamo benissimo quanto sia difficile farsi ascoltare dalle istituzioni, trovare sponsor e la quadra organizzativa, cercando l’equilibrio tra la nicchia e il popolare. Sono arrivati perfino a creare il loro club, il Serendipity, per andare oltre i tre giorni del festival.

Si parte venerdì già all’ora dell’aperitivo a Palazzo Trinci, un capolavoro di archittettura tardo-gotica al centro della città. Sul palco una grande riscoperta della musica elettronica made in Italy: Gigi Masin. Setup minimale per lui: laptop, tastiera midi e un pedalino, ma gli basta per rendere la magia di un sound caldo a base di wave, ambient e new age. Sembra di essere a Ibiza nel 1984, mancano solo il mare e gli Alan Parsons Project. Unica stonatura l’impianto che ogni tanto stecca, probabilmente perchè già tarato per i live strumentali.
Si procede sulla cresta dell’onda balearica con i Tempelhof, Luciano Ermondi e Paolo Mazzacani, per poi iniziare a carburare bpm con i Vessels, ma le loro chitarre non ci impressionano. Nello stesso campo gli Elektro Guzzi bastano e avanzano. L’azione si sposta all’Auditorium San Domenico dove troviamo Viceversa ai piatti a preparare l’atmosfera giusta per il live di Cabaret Voltaire. Coinvolgere il mitico resident del Red Zone di Perugia è stata una mossa perfetta: Vincenzo è un pioniere della techno in Italia, in special modo quella legata alla scena industrial e new wave. Il suo, a nostro avviso, è stato il djset più interessante del festival.
Una selezione di suoni anni ’80 mescolati con beats a la Source Direct, tutta rallentata per amplificare l’effetto psichedelico. Fosse stato presente Kieran Sande avremmo già la nuova Krokodilo Tape.
Alla spicciolata la platea si riempie e finalmente arriva sul palco Richard H. Kirk.
Se lo show portato la scorsa estate all’Atonal era incentrato sulla techno dei ’90, questa volta il mood guarda più al rave britannico portando i pezzi del suo prossimo album su Mute. I visual avvicendano la politica di ieri e di oggi, incroci pericolosi con Putin e la Thatcher. Non il concerto della vita, ma valido e soprattutto istruttivo per chi non ha vissuto quel periodo storico.

La notte la trascorriamo al Serendipity, appena fuori dal centro nella zona industriale.
Allestito guardando i grandi club europei conta due sale, una main e una più raccolta, e un ampio cortile che con la bella stagione diventa una seconda pista principale. L’impianto è fin troppo forte e anche le strobo sono esagerate.
A far gli onori di casa c’è Lena Willikens, giovane promessa tedesca su cui puntare.
La sua performance è solida, tra electro e techno, ma ogni tanto cede alla monotonia. Forse sarebbe stato meglio metterla in chiusura. Chi invece dovrebbe farsene una ragione e dedicarsi solo al live è Objekt, produttore di raffinato talento ma Dj anonimo e discutibile.
A causa di un problema di voli, il running order salta e dobbiamo riorganizzare la tabella di marcia. I Syracuse si destreggiano abbastanza bene tra le macchine, il risultato ricorda gli FPI Project in salsa hipster.
I Plants Army Revolver tirano il set per Lory D, che giustamente passa all’incasso venendo acclamato come una star. Acid for the masses. Ricerca e salti euforici.

Sabato Dancity viaggia a tutta forza e non lascia tregua. I nostri highlights cominciano con il live di Andràs & Oscar, coppia australiana votata anima e core all’house a stelle e strisce, fatta di groove morbidi post disco e voci vellutate. E’ quindi il turno di Nick Anthony Simoncino, per niente intimidito dalla responsabilità di aprire agli UR. Un set intenso che non ci fa rimpiangere di aver sacrificato Caterina Barbieri all’auditorium (di Holly Herndon invece dopo averla vista al Presences Electronique non avvertiamo la mancanza). Il pubblico sorride felice e rilassato, fino a quando sullo stage salgono gli emissari di Mad Mike Banks. Urla e applausi, breve djset introduttivo ed ecco il mastermind del collettivo techno più importante del mondo insieme ai restanti membri del gruppo. Timeline è una costola di Galaxy 2 Galaxy, dal cui repertorio attinge la scaletta di stasera. Tastiere, sax e quintali di spiritualità interstellare, it’s not jazz it’s not techno, è l’hi-tech jazz from Detroit. Per noi i “vincitori” di questa edizione. Musica senza tempo e confini.

Cambi di palchi e orari al Serendipity per la seconda volta di fila. Attraversiamo l’outdoor stage dove si sta esibendo Vakula per fiondarci a ballare Voices From The Lake. Donato Dozzy e Neel mettono a ferro e fuoco il dancefloor, battiti dritti e disperatamente attuali. Le textures stabiliscono un rapido contatto con le sinapsi e non lasciano la presa. All’esterno intanto prende il comando Powell. Sembra passato un secolo da quando in autunno presentò il live all’Unsound, ubriaco fradicio per la paura. Oggi si gonfia lo stesso ma ha una sicurezza da veterano e un sound killer.
Mumdance passa in rassegna diverse fasi della rave legacy, ma lo abbandoniamo a metà perchè The Wizard si è affacciato alla finestra papale per recitare l’Angelus.
Jeff Mills è il miglior punto di riferimento della scena. Possono passare gli anni ma lui non arretra di un centimetro. Per tre ore bombarda i ballerini con groove mentali e aggressivi, molto più elaborati rispetto all’ultimo progetto Something in the Sky. L’orgasmo finale è sull’assolo di 909. Putroppo per i tanti km che ci separano da Foligno, ci tocca rinunciare a malincuore al concerto domenicale di Roy Ayers alla Cantina Scacciadiavoli (e qui torniamo alla valorizzazione del prodotto locale).

Dopo dieci anni il Dancity è ancora in perfetta forma, come da motto 2015, anzi a nostro avviso mostra ben più di qualche anno in meno. La distanza dalle grandi capitali dell’hype, la dimensione intima e accogliente, l’attenzione alla qualità della proposta, lo rendono l’evento ideale per gli addetti ai lavori, che di fatti vengono in massa, perchè qui possono ascoltare e parlare di musica tutto il tempo, partecipare a numerosi workshops e, non dimentichiamolo, stringere preziosi contatti. Il pubblico generalista invece è in stragrande maggioranza gente del posto, ragazzi e (tante) ragazze che attendono l’evento per provare l’ebbrezza dell’aria internazionale godendosi i big names della consolle. A voler essere pignoli si potrebbe lavorare su questo aspetto con una promozione più penetrante, ma siamo sinceri: chi con la mappa per il Paradiso in mano la condividerebbe con gli altri?

Federico Spadavecchia

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