INNER_SPACES: l’anteprima della VI stagione

0
1160

INNER_SPACES è la prestigiosa stagione milanese di musica elettronica sperimentale e arti audiovisive, divenuta in pochi anni un riferimento nello scenario internazionale per alcune caratteristiche che la contraddistinguono: la sintesi tra musica elettronica colta e accademica e la produzione sperimentale di artisti contemporanei, la scelta accurata dei musicisti tra i più significativi del momento, la proposta originale che presenta il concerto al pubblico come un itinerario di ascolto, un percorso esperienziale.

La stagione è realizzata da San Fedele Musica in collaborazione con il progetto curatoriale Plunge nell’esclusivo contesto sonoro dell’Auditorium San Fedele, con un programma che approfondisce l’originaria tematica delle identità sonore elettroniche, cercando, nell’ampio panorama della musica elettronica attuale, quegli artisti che portano avanti una personalissima ricerca musicale e al contempo riservano una grande cura alla qualità sonora e timbrica delle loro opere.

Le personalità di spicco sono distribuite nell’arco dell’intera stagione. L’inaugurazione è affidata al finlandese Sasu Ripatti (aka Vladislav Delay), instancabile ricercatore di sonorità inedite all’interno delle correnti musicali più diffuse del nostro tempo: ambient, minimal-techno, glitch. Il 2020 inizia con Murcof, uno dei pochi artisti che ha saputo integrare sapientemente nell’elettronica anche elementi di derivazione neoclassica. Christian Fennesz si cimenta di nuovo con l’acusmonium Sator per spazializzare un’elaborazione del suo ultimo album Agora. Infine, due tra i maggiori rappresentanti dell’elettronica tedesca: Robert Henke e, in chiusura di stagione, Antye Greie alias AGF.

La nuova stagione è inoltre caratterizzata da un significativo dialogo con i grandi maestri dell’elettronica nell’arco di cinque spazi acusmatici, con compositori di diverse generazioni: dai padri fondatori Karlheinz Stockhausen, Steve Reich, Toru Takemitsu e François Bayle ai riferimenti attuali (Denis Dufour, Francesco Giomi) fino ai giovanissimi musicisti del Premio San Fedele.
Un posto di rilievo viene riservato a una nuova generazione di artisti affermati, tra cui l’austriaca Chra, nuova talentuosa rappresentante dell’etichetta Editions Mego. Nella serata dell’11 novembre 2019, due promesse al femminile della sperimentazione elettronica: Ipek Gorgun, compositrice di Istanbul, presenterà il suo ultimo lavoro, Ecce Homo, caratterizzato da accenni minimalisti integrati in una prospettiva elettroacustica dai suoni caldi e ben armonizzati; la giovane svedese Klara Lewis (1993), invece, farà scoprire la sua sound art a base di campionamenti (field recordings e found sounds), successivamente elaborati a vari livelli e messi in relazione tra loro, all’insegna di un approccio che attinge tanto dall’ambient, quanto dal noise e dalla wave storica. Simon Scott, batterista degli Slowdive,  affascinato dalle dilatazioni melodiche dell’ambient music e dalle sue recenti confluenze nella sfera neoclassica, sarà a San Fedele il 9 dicembre, con estratti dal suo ultimo lavoro Soundings (Touch, 2019) in cui opera una trasognata fusione tra musica elettronica e acustica. Paul Jebanasam, esponente di punta dell’elettronica sperimentale di casa Subtext, presenterà una nuova opera dal titolo Psalms, commissionata dalla Fondazione Carlo Maria Martini. Anacleto Vitolo, noto per i progetti AV-K, K.lust e Kletus.K, sintetizza nella sua musica influenze industrial, trip-hop, glitch, ambient/drone e noise.
Per la parte audiovisiva, il 24 febbraio 2020, oltre al collettivo milanese Otolab, in residenza a San Fedele, ci sarà Alberto Novello (JesterN), musicista scienziato che predilige la realizzazione di architetture multimediali probabilistiche, al limite tecnologico tra instabilità ed errore.

Continua inoltre l’apprezzato ciclo Cin’Acusmonium con la proiezione di quattro capolavori: Koyaanisqatsi (1982) e Naqoyqatsi (2002) di Godfrey Reggio e, per concludere l’integrale di Andrej Tarkovskij, L’infanzia di Ivan (1962) e Sacrificio (1986). L’Acusmonium non ha la funzione di potenziare l’audio del film, ma contribuisce a rendere più percepibile l’unità immagine/suono nell’esperienza cinematografica – intesa come aderenza alla realtà – e al tempo stesso la dimensione del cinema si fa più presente e vicina allo spettatore.

Comunicato stampa