Bang Face ’18: Acid nel Paese delle Meraviglie

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Non so decidermi: il Bang Face è il modo migliore per salutare la fine del mondo, o per inaugurare una nuova era, ballando sulle macerie di una civiltà schizzofrenica arrivata a suicidarsi con una guerra termonucleare globale?
Immediatamente dietro le dune di Ainsdale, amena località balneare vicino Liverpool e Manchester, circa 3000 persone a metà strada tra Mad MaxWayne’s World (Fusi di testa), si ritrovano in un ex villaggio turistico, dove, agli ordini dell’Hard Crew General Saint Acid, rivoluzionano le regole e i dogmi della società.
Benvenuti nella tana del Rave Coniglio!
Arrivato al decimo compleanno il Bang Face non ha perso un grammo di smalto, anzi si allarga a quattro giorni annettendo il preparty cazzaro del giovedì (nato per consentire un arrivo più comodo), che ha la particolarità di ospitare ogni volta un nome di culto della scena dance commerciale anni ’90. Quest’anno è toccato ai 2 Unlimited, va detto ancora in ottima forma, infiammare il pubblico sciorinando una hit dietro l’altra.
Probabilmente molti si aspettavano l’annuncio da KO per festeggiare la doppia cifra, ma nell’insieme è davvero difficile trovare anche solo una critica da muovere all’organizzazione. Da queste parti persino la gigantesca security riesce a risultare simpatica ed efficace senza risvolti nazi. E poi bisogna spendere qualche parola sugli impianti: Funktion One ovunque, sfruttati al massimo delle possibilità. Suoni potenti, cristallini e non lasciarci i timpani. Ancora, la libertà concessa agli artisti di esprimersi come meglio credono, cosa sempre più rara nei circuiti festivalieri tradizionali, qui possibile per la mancanza di sponsor pressanti, compensata dalla grandissima Passione di chi non vive unicamente per il guadagno. Ma l’elemento più incredibile del BF è il suo coloratissimo pubblico, un’Hard Crew indomita, caricata a pallettoni, pronta a fare festa incurante del ghiaccio siberiano.

Ultima, doverosa, premessa prima di raccontarvi i nostri highlight, riguarda la composizione della lineup, uno studio al microscopio delle correnti ‘core (numerose quasi quanto quelle del PD), arrivando persino al metal, buttandoci dentro una buona dose di jungle e techno. Gli act convocati sono un mix di Big, BF Heroes e, per ora, sconosciuti esploratori della musica. Se lo scorso anno abbiamo potuto apprezzare la Japan Invasion, stavolta incontriamo i duri dell’Est. Stalin, socialismo reale, smile e breakcore, Shotgun Orchestra più che il Muro di Berlino abbatte quello del suono.
Un’altra scoperta di questa edizione è l’Algorave: sabato pomeriggio una schiera di produttori/hacker si esibisce dal vivo programmando direttamente in codice. IDM e cassa spezza gambe di gran presa. Segnaliamo in particolare Miri Kat e  Spednar. La notte di San Patrizio il palco del Queen Vic è tutto per la Rise of the Celts, cosa che ci permette di darci dentro sui ritmi serrati di Acrnym e vedere all’opera il mitico Scott Brown, nome storico della scena, anche se per tre quarti il suo set è stato troppo piacione, tirando fuori solo nel finale una sequenza killer.
Backspin! E’ venerdì, Dave Skywalker in consolle fa gli onori di casa come da tradizione (accompagnato da Demon Cabbage), mentre aspettiamo la cerimonia d’apertura tenuta da Saint Acid. Tema 2018: Acid in Wonderland.

La serata entra nel vivo poco più tardi con il live degli immancabili Altern-8. Mark Archer, come sapete bene, è uno dei nostri eroi, e non ci ha mai deluso. I grandi classici del repertorio A8 vengono rivitalizzati con una maggiore spinta e attualizzazione dei suoni, ma senza perdere la loro identità originale. Subito dopo è il turno della maggiore sorpresa di questa edizione: i Napalm Death. La storica formazione di Birmingham è un perenne work in progress. Considerati i padri del grindcore hanno continuato a mutare la propria struttura, contribuendo alla nascita di altri progetti seminali come Godflesh e Scorn. Per misurare la potenza dello show usiamo direttamente la scala Richter. Greenway al microfono arringa la folla, spiega il tema politico dei pezzi, scatena la rivoluzione!
In Face Room, Paula Temple termina un ottimo set techno, lasciando il testimone ad Ansome, che al di là del ben di Dio di attrezzature a disposizione non riesce a mostrare nient’altro. Chiudiamo il primo giorno con ISR Live, ovvero lo spettacolo celebrativo della Industrial Strength Records di Lenny Dee. Istrionico e intenso, tra djset e live, la pista è rapita dal Genio hardcore newyorkese (ci è parso di scorgere il nostro Jappo al suo fianco), in un viaggio attraverso la storia della sua prestigiosa etichetta.
Di sabato ricorderemo soprattutto un Ceephax Acid Crew ai limiti della perfezione, dal mood Baleari-‘core, e l’oscurità annichilente di Somatic Responses. Sopra le righe il djset di una sempre più affermata Helena Hauff, tranquillamente a suo agio nel dispensare lezioni electro e rave beats di aphextwiniana memoria. Ci ha fatto particolare piacere il ritrovato gusto per il groove di Ben Sims che, partendo con un dancefloor vuoto rilancia il party a colpi di hardfunk manipolato. End.User e The Dj Producer dicono Messa a 200 bpm.

La morsa del freddo allenta la presa domenica, concendendoci un finale rilassato…si fa per dire!
Posthuman, Jerome Hill e Mark Archer settano l’acid time, permettendo a Liquid, tornato finalmente a esibirsi dal vivo, di chiosare con le sue hit storiche. Commovente l’omaggio a Dj Tango da parte della Old School Soundclash. Ci serve la speedcore di Goreshit (avesse fatto un po’ più di lolicore saremmo impazziti del tutto) per consumare le ultime energie rimaste.
Che dire? Se dopo dieci anni siamo ancora qui a manifestare meraviglia ed entusiasmo di fronte al Bang Face, significa che James e la Hard Crew hanno giusto giusto un qualcosa in più che ragione. Rave-o-lution is the only solution!

Federico Spadavecchia

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