Unsound ’15: Una Sorpresa su Cinque

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Quando arrivi sulla cima e spicchi il volo o fluttui tra le nuvole o ti schianti rovinosamente a terra.
Cose che possono succedere a chi sa prendersi dei rischi. Unsound in questi anni ha fatto di Cracovia una tappa fondamentale per gli appassionati di musica elettronica, e in quest’edizione ha provato a superare i propri limiti con un concept molto particolare e subdolo: la sorpresa.
Le intenzioni della crew polacca sono chiare fin dalla presentazione ufficiale a luglio: il pubblico deve fidarsi ciecamente delle scelte di Unsound per quanto dimostrato finora.
Gli abbonamenti vanno sold out in meno di dieci minuti senza nemmeno un indizio sulla lineup.
Un risultato eccezionale!
Col passare del tempo la maggior parte degli act vengono rivelati, ma molti altri restano avvolti dal mistero.
Saranno scoperti solo quando saliranno sul palco e forse nemmeno dopo essere scesi.
Che la musica debba essere più forte dell’hype intorno a un nome è fuor di dubbio, una causa da sposare in pieno visto la mancanza di senso critico dei clubbers odierni, pronti a infiammarsi per il beniamino del momento a prescindere dal reale valore artistico. In questo senso la scelta di Unsound è teoricamente giusta perchè azzera in partenza ogni pregiudizio.

Per esempio, nelle profondità della ex miniera di sale di Wieliczka, il set ambient di Dj Richard ha introdotto un set eseguito completamente al buio. Dopo pochi minuti abbiamo riconosciuto il sound di Burial e il dubbio che si potesse trattare della prima esibizione dal vivo del producer inglese ha fatto salire l’eccitazione a mille. Ma utilizzando l’unico senso disponibile, l’udito, a cosa eravamo di fronte? A un djset mediocre per tecnica e sonorità. Facile che ai controlli ci fosse Kode9 ad eseguire il playing Burial come durante una vecchia edizione di Club To Club.
Purtroppo nel momento in cui la direzione del festival ha deciso di non svelare l’arcano (neppure a festival concluso quando lo stesso Steve Goodman aveva confessato) per giocare sull’equivoco aizzando i media, l’architettura originale del concept finisce dritta alle ortiche.

Parafrasando Nanni Moretti: si nota di più il nome in chiaro o oscurato? Il nobile fine diventa un semplice mezzo di marketing perchè alla resa dei conti i mister X non hanno stupito per niente. Altri non erano che i soliti artisti visti e stravisti in tutti i maggiori eventi europei, oppure locals senza particolari argomenti. Difficilmente si sarebbe raggiunto lo stesso livello di vendite se la lineup fosse stata annunciata per intero.
L’unica sorpresa da lasciare sbigottiti è stata la presenza di Richie Hawtin nella sala due dell’Hotel Forum che però ha mostrato poche idee e confuse.

Dal punto di vista pratico questo scherzetto ci ha costretto a correre senza sosta in giro per la città inseguendo chimere che in pochissimi casi han regalato soddisfazioni.
Mercoledì, appena arrivati, abbiamo fatto un passo al Manggha, avveneristico museo/auditorium in riva alla Vistola, dove alla cassa si sono rifiutati di informarci sulla sorpresa appena salita sul palco.
La prima era stata Yves De Mey, e il piatto forte della serata, annunciato, sarebbe stato Rimbaud, progetto realizzato da tre artisti polacchi attorno ai testi del poeta francese. Poco interessati alle liriche ragioniamo sulla logica di una probabile scaletta e decidiamo di passare all’evento successivo in centro con Fit Siegel in consolle (peraltro ordinario). Peccato scoprire dopo che l’ospite xxx fosse Prurient, che avremmo ascoltato con estremo piacere!
Al concerto mattutino invece ci imbattiamo in Raphael Roginski che nelle intenzioni avrebbe dovuto reinterpretare brani di Coltrane con la chitarra. Ci avessero detto che era Guccini non avremmo stentato a credergli. Pessimo modo di inziare la giornata.

Il giovedì come già detto è stato il giorno della miniera, unico evento by day sold out.
Tralasciando il fatto che gli organizzatori l’avevano venduto come un’esperienza avventurosa e invece ci siamo trovati in un lussureggiante salone da ricevimenti di gala, la prima brutta sorpresa arriva quando lo staff ha provato a negarci l’ingresso perchè secondo loro non compreso nel long weekend pass quando sul sito internet è indicato il contrario.
Ovviamente da bravi Italiani abituati alla prepotenza di INPS, Equitalia, vigili urbani, e qualsiasi altro burocrate, abbiamo fatto ben valere le nostre ragioni ottenendo quanto dovuto. I workshop sul field recordings, invece, sono stati ufficialmente scorporati dall’abbonamento all’ultimo minuto. Surprise!

Nonostante tutto, è proprio qui che assistiamo al concerto più interessante del festival: King Midas Sound incontrano Christian Fennesz.
Le basse frequenze liberate da Kevin Martin fanno vibrare il parquet della sala, facendoci temere per i lampadari in cristalli di sale. E quando le sinusoidi si allungano arriva la chitarra magica di Christian. Una simbiosi perfetta, celestiale.
La notte nell’ex mega albergo sovietico offre pochissimi spunti. Non male l’IDM di Amnesia Scanner, il djset di Lexxi b2b Endgame in piena nu urban guerrilla londinese, e il bizzarro duo Surgeon Lady Starlight, con il techno veterano a manovrare la giovane Umpa Lumpa in salopette per eseguire i vecchi album. Chiude l’energico beat di Dj Nobu.
Non ci ha convinto per l’ennesima volta Holly Herndon; mentre lo show commissionato da Unsound, presentato come world premiere, a Lorenzo Senni e Oscar Powell non ha né capo né coda, con Lorenzo che prova a mettere i suoi loop modular trance al servizio di un Powell troppo ubriaco per combinare qualcosa di buono alle ritmiche.

Il venerdì verrà ricordato per l’esecuzione live di Ephemera, installazione multisensoriale sonorizzata da Tim Hecker e per le polemiche sul concerto dei Current 93.
Il gruppo era stato accusato di satanismo da un popolare website locale, così la Curia ha posto il veto sul loro live nella chiesa di Santa Caterina. L’esibizione, spostata al museo di ingegneria, è incentrata sull’istrionismo di David Tibet. In realtà non una gran performance (il Guardian parla di band da matrimonio) eppure era pieno di ragazze in lacrime, trascinate dal carisma del cantante. Noi ci saremmo accontentati di una minor durata.
Il seguente show a sorpresa è l’insensatezza techno degli Rss Boys.
Non potendo digerire altro rock saltiamo gli Health e puntiamo al Forum.
La festa notturna è davvero scoraggiante per la penuria di sostanza. Gradevole il djset drone di Nina, anche se avremmo preferito vederla impegnata su suoni di maggiore impatto. Validi Low Jack e Prostitutes che picchiano con perizia. Kode9 da lezioni di ‘ardkore continuum, mentre Helena Hauff in back to back con la sorpresa Koehler (fosse stato annunciato da subito sarebbe cambiato qualcosa? No, ovviamente) afferma sempre di più la sua classe.
Per il resto solo grandi sbadigli e punti interrogativi del tipo “ma ci sono o ci fanno?” come Dj Tiger aka Lutto Lento che si cimenta in un set hardstyle a la Tatanka, o i T’ien Lai che si presentano come una band esoterica industriale e poi mescolano house e techno contemporanea.
Che dire del peggior Shackleton mai sentito? La bellissima performance dell’Atonal è solo un ricordo, ora assieme alle Nissenmondai non va oltre un lunghissimo e monotono 4/4 privo di significato.
La big surprise è Markus Schmickler, boss del giro Mego, che resta fedele al verbo di Mark Fell senza impressionare. Levon Vincent e Zenker Brothers dal canto loro dovrebbero stare ad un Awakenings qualsiasi ma non qui.

Il sabato, a causa della distanza dalla location, arriviamo tardi per vedere all’opera Bill Orcutt ma ci godiamo, stavolta per davvero a sorpresa, il più bel live di Fis degli ultimi due anni. Un monolite oscuro su cui si apre un vortice dimensionale. La gioia nello scomparire per sempre nel vuoto cosmico.
Di contro, lo spettacolo di Helm con tanto di ballerino contorsionista stagione Cocoricò ’93/’94 lascia freddi.
Il 2015 è l’anno di Alessandro Cortini che incanta anche l’audience del museo d’ingegneria.
Le melodie di Sonno e Risveglio suggeriscono l’abbandono a una fase rem traslucida. Meritatissimi applausi per lui.
L’ultimo party al Forum è stato a fasi alterne ma nemmeno stavolta pienamente appagante.
Aprono gli Shxcxchcxsh che presentano in anteprima l’album con i visual di Pedro Maia, già vj ufficiale di Unsound. Techno liquida in cui diluire pensieri e movimenti. Un kaleidoscopio emozionante ma c’era bisogno dell’effetto sorpresa? Che valore ha aggiunto alla performance?
Tra chi ci è piaciuto tanto sicuramente un posto se lo sono guadagnato Rabit & Kuedo, proponendo un footwork sci-fi illuminato dai lampi dell’ex Vex’D e accellerato dalle battute in sequenza del primo. Talvolta perdono il filo ricordando un doppio djset ma nell’insieme lo spettacolo è più che piacevole.
Una brutta delusione ce la da Visionist, da cui ci aspettavamo un gran live e invece lo abbiamo visto rigido e irretito in trame spigolose. Andy Stott ormai è un top player e come tale cerca di accontentare il pubblico dando saggio di tutto il suo bagaglio sonoro. Sinceramente lo apprezzavamo di più quando restava maggiormente fedele agli album senza gettarsi nell’Uk rave e d’n’b.
In sala tre ci siamo lasciati andare sulla techno di Milczarek/Sirko, Parrish Smith, Dungeon Acid e Gatto Fritto prima di lasciare la pista e andare a dormire.

Partita con i migliori propositi concettuali e organizzativi, l’edizione 2015 di Unsound ci lascia con più dubbi che certezze (dov’è finita la fantasia nel selezionare gli artisti?), perchè in questa sfida ha vinto l’hype. Il pubblico non ha scelto di riporre fiducia nel festival valutando le capacità della direzione artistica esibite negli anni, ma ha premiato il nome di un evento giudicato figo a prescindere, venduto come qualcosa di imperdibile. Il fitto mercato di biglietti e pass durante il festival dimostra proprio che la gente non aspettava altro di vedere svelate le sorprese nella speranza di un nome congeniale ai propri gusti. L’affluenza del 2014 è lontanissima per quantità e qualità.
Qualcuno sostiene che quella di quest’anno sia stata una fase transitoria, utile a tirare il fiato e resettare alcuni aspetti, vedremo, intanto torniamo a guardarci attorno cercando di scoprire nuovi paradisi incontaminati.

Federico Spadavecchia

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