Era il marzo del 1994 quando uscì nei negozi Selected Ambient Works Vol. II, uno degli album più geniali e difficili da digerire dai tempi di The Second Annual Report dei Throbbing Gristle.
Stando a quanto Richad D. James ha affermato in un’intervista (e quindi mettendo in preventivo la fantasia del personaggio nell’inventare leggende attorno a sè) le tracce sono state composte all’interno di una centrale elettrica inseguendo un sogno lucido, cercando cioè di ricreare le sensazioni provate durante il sonno.
Un’avventura onirica rivelatasi un incubo per i fans dell’epoca, che comprarono l’opera a scatola chiusa confindando nelle atmosfere zuccherine e i beat acid house del primo volume, e ritrovandosi invece faccia a faccia con la Paranoia e l’Angoscia in persona.
Nonostante fosse privo di qualsivoglia hook commerciale, l’hype fu così alto che finì pure in classifica.
Selected Ambient Works Vol. II si presenta come un doppio cd contenente 25 brani senza titolo, o meglio battezzati con foto scattate dallo stesso James e numerati mediante diagrammi circolari cui successivamente, per facilitarne l’indicazione, sono stati attribuiti nomi che tuttavia l’autore non ha mai riconosciuto, continuando a citarli con la posizione in tracklist.
L’unico a fare eccezione è il primo del secondo cd: Blue Calx.
Superato il senso di spaesamento dovuto al primo ascolto, è possibile ragionare sul rapporto con le teorie di Brian Eno sulla musica d’ambiente, ma laddove l’ex Roxy Music in Music For Airports (1978) elevava l’isolazionismo a un gradino più alto di spiritualità coniugando avanguardia elettronica e classica contemporanea, AFX è perentorio nello scavare a fondo nel subconscio facendo evadere tutte le nostre ansie.
Per tutta la durata del disco scorre una serenità tetra come nei momenti successivi alla tragedia; non resta che accettare e rassegnarsi perchè tanto ormai non vi si può porre alcun rimedio.
Probabilmente il successo di un album del genere sta nell’oscurità scintillante di cui risplende dall’inzio alla fine, che cattura l’attenzione dell’ascoltatore attraverso esalazioni acide e lo seduce con una promessa perversa di entropia. Qualcuno parlarebbe di fascino del Male.
L’importanza e l’influenza che Selected Ambient Works Vol. II avrebbe avuto sull’intera scena elettronica (ma non solo) fu chiara fin da subito, e oggi a vent’anni dalla prima stampa è ancora una pietra miliare aldilà della quale ancora nessuno è riuscito a spingersi.
Federico Spadavecchia