Heart Of Noise ’18: In & Out

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Abbiamo assistito quasi totalmente anche a questa edizione del festival di Innsbruck, saltando solo la giornata del sabato.

IN:

Il concept

Non è né il primo né il solo festival che utilizza una chiave di lettura, un tema che costituisce il fondamento sul quale viene costruita tutta la line up. Avviene per Unsound, CTM, C2C ma si è notato che HON è riuscito negli anni con successo e in modo lineare a sviluppare opportunamente la tematica che è stata scelta. In questo 2018 la parola d’ordine infatti è “decocooning society”, il cui significato si basa sullo sdoganamento delle differenti sonorità del nuovo millennio rese fruibili, percettibili e accessibili a un pubblico non più circoscrivibile agli appassionati ed agli addetti ai lavori. Eccola questa società, che si trova ad interagire con la tecnologia e i suoi upgrade, attraverso luoghi dove la musica assume nuovi valori, nuove metodologie di ricezione. Cadono le barriere mentali e pregiudiziali, il patrimonio culturale sonoro è costituito così dalla musica colta concreta come dalla techno di Detroit o dalla house di Chicago.
La città

E’ fuori discussione che l’HON sia un notevole valore aggiunto per Innsbruck a livello culturale, d’intrattenimento e turistico, in un periodo di bassa stagione rispetto ai bagordi invernali sciistici. Tuttavia la cittadina non è da sottovalutare nelle altre porzioni dell’anno, poiché presenta una zona dedicata alla night life e alla musica, come la Ingenieur-Etzel-Straße dove c’è il p.m.k., un mix tra locale per musica dal vivo e spazio multimediale; un circuito di gallerie sui generis come Kunstraum o Endlich, e infine un tracciato di negozi di dischi, il Downtown Sound record store o il NABU. Inoltre è facilmente raggiungibile in treno da Milano o Bologna via Verona con una certa scontistica se ci si organizza per tempo.

Le location

E’ anche sugli spazi che l’idea della kermesse ha preso forma in modo vincente. Nei giardini del palazzo reale (Hofgarten) si sono tenuti concerti ad ingresso gratuito. E’ stato previsto un percorso musicale in tram nei paraggi della città con il live dell’altoatesino Maurizio Nardo e dalla cantante tirolese Lissie Rettenwande. Anche in questa edizione è stato proposto l’Adlers Top Roof, un palazzo collocato nel centro civico sulla cui tettoia erano previsti i djset come di consueto ma che venerdì a causa del maltempo non si sono tenuti. Un vero peccato perché si può godere un ottimo panorama dei monti circostanti, del Castello di Ambras e soprattutto del Bergisel Ski Jump, il trampolino olimpico. Da segnalare
la panetteria Bäckerei – Kulturbackstube in Dreiheiligen Straße 21, dove si è tenuta la mostra concerto “Tapes, Kssetten und K7” con Awesome Tapes from Africa. Infine il Treibhaus su cui occorre soffermarci, in quanto può tranquillamente rappresentare il main place della manifestazione. E’ suddiviso in tre aree: la prima è il Café. Vi si tengono i djset di inizio serata. Poi abbiamo il Turm, vero e proprio teatro a balconate dall’ottima acustica, insonorizzazione, visibilità delle performance nonché capienza ma con un sistema di condizionamento dell’aria da migliorare. Ai piani bassi della struttura si trova il Keller, un ibrido tra sala concerto per i live e per il clubbing.

Le seguenti performance

Tim Hecker live: confermiamo anche in questa circostanza quanto detto su di lui su Frequencies, tutte le volte che la redazione ha potuto essere presente ad un suo show. Ha lasciato un segno sonoro indelebile in queste quasi due decadi dei duemila.
Rrose live: techno – trip con garanzia di alta qualità come sempre.
Abul Mogard feat. live visual by Marja de Sanctis: non sappiamo più come ripetervelo (basta leggere qui e qui): andate a vederlo appena possibile, e ascoltatevi l’ottimo “Above All Dreams”, uscito quest’anno su Ecstatic. Quando i grandi ritornano sulla scena, se la prendono e non c’è trippa per gli altri gatti.
Arpanet: come ben si sa, è una delle creature di Gerald Donald. E’ un anno d’oro per l’electro, ritornata con prepotenza negli ascolti e sul dancefloor. Non ci siamo fatti scappare un nome noi di Frequencies in questo 2018: Ultradyne, the Exaltics, E.R.P. e Galaxian. Figuriamoci se poteva mancare il padre nobile che ancora una volta “ha fatto parlare le macchine “ a dovere, concludendo il suo intervento con un’ improvvisazione e un accenno di ballo, nonché con un gesto di esultanza di fronte ad una platea rapita.
The Speaker feat. Valerio Tricoli, Pan Daijing e Werner Dafeldecker: è una composizione musicale pensata per un vocalist che nello specifico veste i panni di Pan Daijing e sei canali acusmatici. Tutta la parte di elaborazione sonora è lasciata a Valerio Tricoli, presenza fissa sulla nostra rivista quando ci si esalta per la qualità artistica del Bel Paese, e Werner Dafeldecker compositore austriaco conosciuto per le pubblicazioni in coppia con Dean Roberts, Lawrence English ed altri. Il concetto elaborato che sottende la performance è il soggettivismo, l’individualismo, il ritiro nel proprio mondo interiore rispetto alla realtà circostante. Sul pubblico si crea un effetto di straniamento nel sentire i sussurri, i sospiri, le esternazioni dell’artista cinese mentre si muove libera tra gli spettatori all’interno del teatro. Complimenti al trio poiché la comprensione dell’esecuzione non puo’ certo dirsi di facile fruizione e presa.
Alec Empire – The Destroyer feat. Zan Lyons: Dopo aver portato in tour l’eccellente Low On Ice (The Iceland Sessions) su Mille Plateaux, qui è la volta della quarta release sulla sua DHR, album che ha coadiuvato a sdoganare quei suoni provenienti dalla breakcore, dalla drill ‘n’ bass e dall’hardcore. La potenza sonora è stata quella attesa e nessuno ha avuto la percezione di assistere alla celebrazione del passatismo; tutt’altro ci si è stupiti come una pubblicazione del 1996 abbia ancora tale irruenza in alcune sue componenti. Unico neo è stato il volere colmare la fine del live con un djset improvvisato per ragioni di tempo. Personalmente sotto questo profilo, non abbiamo mai apprezzato Alec Empire.

IN MEZZO:

Bliss Signal live:

E’ il progetto che vede impegnati James Kelly, leader della band black metal Altar Of Plagues e il più conosciuto Mumdance, per chi mastica maggiormente il verbo elettronico. Abbiamo già scritto in passato di altre collaborazioni ed ibridazioni da parte di Jack Adams come con The Sprawl. All’HON si cerca e si ottiene discretamente la creazione di un mutante sonoro, figlio delle due entità soniche citate.

La scarsa presenza di un pubblico internazionale e le dimensioni della kermesse:

Ora qui rimane aperto un doppio quesito a cui pilatoscamente non vogliamo dare risposta. Abbiamo riscontrato un’esigua partecipazione europea composta principalmente dai vicini italiani e tedeschi. Ma se fosse realmente vero che “nella botte piccola c’è il vino buono”? Mantenere l’equilibrio raggiunto o rischiare di ingigantire il festival a discapito della vivibilità da parte del pubblico e/o del livello qualitativo proposto? La decisione che spetterà all’organizzazione nel prossimo futuro sul da farsi non è affatto facile. Non è la prima volta a cui si assiste all’imbarbarimento di congegni festivalieri funzionali.

OUT:

La mancanza di un’appendice festivaliera:

L’ironia della sorte vuole che un punto potenzialmente negativo che sembrerebbe rispondere alla domanda posta alla voce “in mezzo”, sia la mancanza di un continuum, di una coda, di un’appendice almeno nei due giorni del weekend – venerdì e sabato – che eviti quella sensazione di evento terminato troppo presto (verso le 3). Magari coinvolgendo qualche club con la supervisione e patrocinio del festival stesso, in modo da evitare significative alterazioni o stravolgimenti dell’idea su cui si base l’HON.

Errorsmith set:

Riesce addirittura a far percepire agli astanti che il suo set e la sua presenza suonino come “un pesce fuor d’acqua”.

Simone KK Deambrogi con la partecipazione di Filippo Vetro

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