Southport Weekender ’18: Do You Remember House?

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I remember house
Before it was called house
I remember house
When house respected house
I remember house
When house groove on the roots of house
I remember house
When house was soul music and R’n’B
Before house was disco

I remember house
Before the superclubs
I remember house
When people knew the lyrics of house
I remember house
Before recordlabels sold the house
I remember house
When house was about love

Blaze feat. Palmer Brown – Do you remember house? (Slip ‘n’ Slide)

Ricordate il vostro primo flirt con l’house? Forse è stato quella notte d’estate alla fine degli anni ’80, sdraiati a letto con le finestre aperte, a un tratto dalle cuffie del walkman parte un groove insolito, dritto ma a spirale, meccanico ma oltremodo sensuale, pensi che non finisca mai fino al break dominato da un orgasmo femminile, quando tutto rallenta e si dilata senza tuttavia dissolversi anzi, ecco riprendere la corsa (Lil Louis – French Kiss). O magari è stato durante quella festa nel nord est, ondeggiando sul battito paradisiaco di un furto ai danni di una banda di corrieri cosmici. Ma potrebbe essere stato più tardi, le prime vacanze con gli amici sulla Riviera romagnola o i pomeriggi a studiare con le cassettine.
Difficile oggi provare lo stupore di quel tempo, l’informazione nel nuovo mondo digitale gira più veloce della hardcore, disinnescando ogni possibile effetto sorpresa, e di conseguenza costringendo promoter e Dj a saltare da un trend all’altro privandoli di ogni progetto a lungo termine.
L’eterno presente irradiato da Youtube ha garantito, però, anche una bolla resistente, fatta di grandi classici, che tanto protegge quanto trattiene avidamente l’ascoltatore. Qualità in cambio di assoluta devozione, bel dilemma!
Lo scorso giugno abbiamo perciò deciso di testare con mano la situazione, provando a vedere se esistesse una reale corrispondenza tra le migliaia di visualizzazioni e il mondo esterno: siamo andati al Southport Weekender Festival che, a dispetto del nome, si tiene a Londra e celebra l’house music pride.
A tirare i fili dell’evento c’è una delle organizzazioni più longeve del settore, oltre trent’anni di esperienza, capace di riunire sotto il suo tendone il popolo dei principali festival dedicati all’eredità disco, vale a dire Southport Weekender (quando si teneva al Butlins di Minehad, lo stesso di BLOC e ATP) e il croato Suncebeat.

Come per la prima edizione del 2017, la scelta della location ricade su Finsbury Park, nella zona nord, un grande prato tranquillo facilmente raggiungibile con la metro.
La prima cosa a colpire è che sebbene lo spazio sia vasto, il cartellone lo è ancora di più: sono infatti nove le arene che ospitano il gotha della scena.
Il pubblico accorso numeroso è al 99% composto da ex clubber dell’epoca, che nonostante tutto non hanno mai perso la fede: manager, imprenditori, operai, segretarie, semplici rimastoni, padri e madri di famiglia, una volta all’anno tornano ai loro vent’anni di sorrisi ecstatici e cassa in quattro. Qui sono i trentenni a fare la parte dei pischelli!
Quanto al resto della macchina organizzativa tutto scorre liscio grazie ai nuovi pagamenti cashless (che abbiamo avuto modo di sperimentare con successo anche al Terraforma di Villa Arconati), e agli ambienti indoor a prova di pioggia (bar e dancefloor).
I nostri highlights iniziano con un Sandy Rivera ai piatti in splendida forma: un set dapprima energico e poi virato soulful a la Kings Of Tomorrow. Tocca quindi all’House Gospel Choir, un act nato per pura passione sulla pista. Magari tecnicamente non perfetti, ma la loro energia è contagiosa; i ballerini cantano insieme a loro gli inni che hanno reso grande il genere, da Ultra Nate a Robin S, dimostrando un’affezione sincera. In Inghilterra si è seminato bene e si vede, le mode possono cambiare ma lo zoccolo duro resta e diffonde il verbo. Tradotto in soldoni, a favore degli organizzatori del Bel Paese che faticano a imparare la lezione, significa poter contare sempre su un pubblico fedele pronto a sostenere la baracca anche quando le cose non girano nel verso giusto.
Karizma si conferma estro e potenza, non ci lascia fiatare nello spirito e nelle gambe, mentre, direttamente dagli anni ’90, arrivano i Soul II Soul in formazione da battaglia. Undici artisti di livello a infiammare i cuori, con una proposta fusion, acid jazz come non se ne sentiva da tanto.
Un’altra performance storica molto attesa è stata quella delle Sister Sledge, cui però il tempo non ha fatto sconti, la voce di Kathy non graffia più. Finale molto apprezzato da noi Italiani: Freedom di Robert Miles.

L’eleganza nuyorican di Louie Vega fa da contraltare alla piacioneria di The S-Men, progetto a tre con Roger Sanchez, Dj Sneak e Junior Sanchez.
E’ stato a dir poco emozionante ritrovarsi a sudare sullo speed garage dei pionieri The Dreem Team; per l’occasione al microfono c’è la figlia del terzo membro (oggi assente), una giovane ragazza dal canto brillante ricco di sentimento.
La festa nella festa sono le trenta candeline della Def Mix con Hector Romero e Dave Morales. Insieme a loro come ospiti d’onore alcune delle voci più importanti di sempre: Alison Limerick, Juliet Roberts e Robert Owens.
Gli ultimi fuochi d’artificio sono per Osunlade. Una selezione, la sua, di pura blackness dope, deephouse scura, esotericamente erotica.
Andiamo via ancora stupefatti per come sia stato possibile organizzare tutto questo in un unico pomeriggio, e di quanto affetto possa ancora godere l’house music dopo anni. Un’eredità del genere è una benedizione e una maledizione insieme, troppo bella per allontanarsene, ma a starci vicino per troppo tempo si finisce risucchiati in un buco nero dal quale è impossibile uscire.

Federico Spadavecchia

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