Seven Trax One Week: Il beat e la sua sparizione nell’era dei rave

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Niet Signala: Mentre nei club e nei capannoni industriali abbandonati imperversava la second wave della techno nelle sue varie sfumature più o meno credibili, all’inizio degli anni 90 qualcosa di radicalmente opposto sotto il profilo dell’uso si affacciava sulla scena, adattandosi anche ad un consumo intimista, di tipo privato, o come lo chiamavano: isolazionista.
Si trattava di un genere comunque eterogeneo, massivamente elettronico, dove i pattern si distendevano spesso in droni dall’impasto analogico. Questo rimaneva collegato in qualche modo alla scena dance, inteso come uno strumento di decompressione, cui venivano dedicate salette confortevoli durante i party, ma era anche un inframezzo casalingo da fruire in attesa del prossimo weekend, prima e dopo i pasti.
Ci troviamo in Svizzera, in una zona industriale nei pressi di Berna, dove già in imponenti rave commerciali quali il Cubik95 comparivano questi spazi dedicati. Lì dentro l’età era più alta, e l’ormone da sfogare in pista da parte di questi subculturati consumatori di piaceri sintetici, addobbati con ciucci, codini e accessori fluo orrendamente tranceggianti, lasciava spazio ad una dimensione più mentale legata all’ascolto. Nella fattispecie si trattava dello showcase di TG, nientemeno che il produttore della Sähkö, una label che da subito si era distinta per la serietà e il rigore minimalista nella ricerca, che come sappiamo coinvolgeva Mika Vainio & co.
Genere prevalentemente nord europeo e anglosassone, con puntate canadesi e qualche giapponata, l’ambient prendeva in prestito il nome da un genere di 20 anni prima, concettualmente concepito per non essere ascoltato, per riempire dei non luoghi quali gli aeroporti, le sale d’attesa, come suggeriva Brian Eno con il titolo del suo famoso disco.
Ora il concetto di musica come feticcio ingombrante atto ad occupare spazio e tempo della vita delle persone era già stato digerito, e senza troppi timori né remore una nuova generazione di intrattenitori della psiche si cimentava in modo spensierato in questo segmento della musica giovanile, con risultati ora da far invidia alla ricerca del passato, ora imbarazzanti come quelle collaborazioni tipo tra Pete Namlook e Richie Hawtin, che trasudano di paraculaggine tanto da far sorridere. D’altro canto, una volta individuato in Aphex Twin un nuovo talento di spessore dopo l’uscita di “Selected ambient works vol. 2”, disco che più di tutti ha portato il genere sotto i riflettori, minimalisti della vecchia guardia del calibro di Philip Glass si sono fatti avanti per collaborare con i delfini emergenti.
Dalla corruzione del concetto di deep listening degli anni 60, quello della generazione di Pauline Oliveros e Phill Niblock, negli anni 90 si era arrivati sì alla volgarizzazione new age del concetto di ascolto, alle mistificazioni fricchettoneggianti da demenza precoce, ma passando per simpatiche contaminazioni dub come nel caso degli Orb o dei Sun Electric, e più o meno riuscite tracce di ambient house, o di trip hop, si era aperta una strada per una musica da ascolto che da accessorio complementare al divertimento avrebbe attraversato territori suggestivi dal cinematografico al concreto, dal decorativo al salvifico, fino a giungere alle tinte più scure della tendenza attuale.

Aphex Twin – Cliffs, Selected Ambient Works Volume 2 – 1994

Sun Electric – Castor & Pollux, 30.7.94 Live – 1995

Reload – Ev Y loy, A collection of short stories – 1993

Seefeel- Spangle – 1994

Biosphere – The shield, Substrata – 1997

Fred Giannelli – Contemplation Pt. 1, Telephatic romance – 1993

Thomas Köner Permafrost – 1993

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