Bang Face Weekender ’15: Face Invaders

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Non ci sono i numeri per un evento di quel tipo, come ce la porti la gente? Non abbiamo abbastanza sponsor. Se non fai business non ne vale la pena.
Vi ricordano qualcosa queste frasi fatte? E’ quello che normalmente ci sentiamo dire quando commentiamo l’ennesimo festival  fotocopia, che alimenta il lucroso giro delle agenzie. Supermercati del nome famoso per chi cerca di riempirsi le tasche di soldi.
Poi però ci sono cose come il Bang Face che ti fanno viaggiare nel tempo fino agli albori del movimento rave, quando tutto era puro e incontaminato, senza il pensiero fisso del conto in banca. La musica e lo stare insieme prima di tutto!
Arrivati al centesimo party la crew di James Saint Acid ha dimostrato che la voglia di fare festa non può essere fermata, e che se si punta sull’alta qualità si è sempre premiati.
Per il Bang Face abbiamo girato mezza Inghilterra: dalla Manica alla Cornovaglia fino a quest’ultimo appuntamento tra Liverpool e Manchester davanti alle coste irlandesi. Southport è vicina a Wigan, città molto cara alla scena Northern soul.
Abbiamo preso il biglietto prima ancora che fosse reso noto il programma. Perchè così tanta fiducia? Perchè la famiglia non ti tradirà mai. Il 90% del coloratissimo pubblico è lo stesso della prima edizione del 2008. Promozione affidata soltanto alla pagina ufficiale su Facebook e al sito internet.

Anche stavolta l’organizzazione prevede tre giorni di delirio nel villaggio vacanze Pontins: pool parties, gare di kart, pinte al pub, sala giochi, gonfiabili giganti dedicati a Wac Man e Donkey Wrong, nel segno di un surrealismo acid. Tema dell’anno: i videogames.
Themes di titoli celebri ’80 e ’90 eseguiti all’arpa laser battezzano l’inizio vero e proprio dell’evento.

Tre le sale a nostra disposizione: Bang Room, Face Room e Queen Vic. Tutte dotate di un potentissimo Funktion One.
Un breve riscaldamento con gli Utah Saints che settano le vibes sull’early ‘ardkore e siamo già davanti ad una delle grandi sorprese del weekend: gli N-Joi.
Doveva essere uno show di appena mezz’ora col Pc e invece il duo culto degli anni ’90 è al completo, Nigel Champion e Mark Franklin manovrano synth e campionatori fomentando la folla con classici come Anthem o Mindflux. Quando entra in scena la cantante soul abbiamo visto pupille trasformarsi in galassie.
This is the moment they’ve all been waiting for! Emozioni che sono andate fuori scala col successivo live degli Altern-8 anche loro in formazione tipo (con Joshu Doerthy dei Posthuman al posto di Chris Peat ad affiancare Mark Archer e Martyn Cresswell) e ballerini di breakdance. Una leggenda che regala brividi e sudore!
Abbandonare il dancefloor è difficile perchè è il turno di un altro veterano del Bang Face: Ceephax Acid Crew.
Il fratellino di Squarepusher è il capitano dell’attuale scena rave. Il suo mondo di beats analogici e melodie lisergiche è garanzia di divertimento intelligente.

E a proposito di intelligent sound Mike Paradinas da lezioni di stile IDM. Armonie liquide e micropunte psichedeliche. Con fatica ci stacchiamo l’ultimo quarto d’ora per goderci il finale dei Pet Duo. I coniugi brasiliani sono un punto fermo dell’hard techno e, anche se il genere ha esaurito l’ispirazione, vederli all’opera è sempre interessante. Un set a sei cdj e due mixer di questo livello non si trova in giro tanto facilmente.
Saliamo di intensità e ci buttiamo a capofitto in quella rissa sonora che tira su Venetian Snares che oltre alle hits Ultraviolent Junglist e Poser & Camera Phones canta dal vivo un paio di pezzi dell’ultimo album My Love is a Bulldozer. Cattivo e ricercato soddisfa le aspettative anche se ormai si tratta di una formula collaudata.
Chiude la serata Hellfish con un mix di gabba e hip hop hardcore, divertente ma senza particolari spunti.

Il sole del sabato incoraggia a sdraiarsi nei prati del resort e a passeggiare sulla spiaggia. La mite Aisendale è gioiosamente invasa da alieni stralunati giunti sulla Terra con mongolfiere a gas esilarante.

La timetable del giorno è parecchio sbilanciata, per cui ci troviamo già alle 19 sotto cassa a saltare sul solo djset di Mark Archer, questa volta impegnato a svecchiare l’acid house. Un Dj incredibile per tecnica e selezione, un esempio di attitudine che dovrebbe esser preso a modello da chiunque voglia dedicarsi ai giradischi.
Le staffilate di Ital Tek introducono il brillante show di Boxcutter. IDM onirica sorretta da colonne dubstep, un talento che abbiamo visto crescere dagli esordi. Meanwhile in Bang Room un onesto Neil Landstrumm sta facendo il suo con perizia e 303.
A giocarsi il titolo di best act del festival è Dj Pierre che porta live i Phuture. L’acid house suonata da uno dei suoi padri fondatori raggiunge una potenza inaudita, perfino il Funktion One sembra pompare con ancora più foga.
Abbiamo bisogno di emozioni forti per continuare, il ritorno di Distance fa al caso nostro. Bassi scuoti montagne immersi nell’oscurità come ai bei tempi quando il verbo era wobble. Lo smalto non è stato intaccato neanche un po’. In ottima forma anche The Advent che colpisce duro e con senso del groove. Quando propone schegge di fine anni ’90 è inarrivabile. Sembra incredibile che sia appena mezzanotte. Andiamo a cena e torneremo alle 5 per il finale a propulsione atomica di The Dj Producer.

La domenica scorre in totale relax, l’ultimo giorno termina prima del solito per consentire di riordinare i neuroni sopravvissuti. Ma il meglio deve ancora venire.
Outlander è l’autore di uno dei brani più conosciuti della R&S, Vamp, ed eravamo iper curiosi di vedere cosa avrebbe combinato dal vivo. Uno spettacolo oltre ogni più rosea aspettativa: un vortice acid alimentato da battiti in balia della tempesta. Standing ovation! La vecchia scuola non ne ha per nessuno, una superiorità imbarazzante.
Lacrimoni invece per T99 a cui spetta il compito del set memorabilia che assolve con successo.
Ad accompagnarci alla cerimonia di chiusura è Squarepusher, che propone uno show interessante partendo da beats in cortocircuito a la Autechre per poi virare, anche visivamente, su un’impostazione stile Ikeda e quindi imbracciare il basso per la sua techno fusion (la parte meno coinvolgente).

Sipario quindi sul Bang Face Weekender. Se pensiamo a tutto lo sbattimento che comporta mettere in piedi un simile circo per tre giorni, viene da domandarsi dove James e soci trovino forza e voglia, considerando che quasi tutto l’incasso è dedicato a rendere l’esperienza ancora migliore (lineup, location, impianto, gadgets…). Forse però, alla fine, l’unica semplicissima ragione è che la vera passione non si può spegnere.

Federico Spadavecchia

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