Green and Blue ‘09: L’amore è bello finchè dura

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D’altronde poi lo dicono pure i giapponesi che il numero 4 porta sfiga (l’ideogramma che lo rappresenta è lo stesso usato per la parola morte n.d.r.) quindi non posso dire che non ero stato avvisato, ma tant’è eccoci per la quarta volta consecutiva sul volo Ryan delle 22.00, che in meno di due ore ci porta da Bergamo a Francoforte per il Green and Blue numero 7.

Il festival made in Cocoon quest’anno è a un punto di svolta dovuto principalmente al cambio di location che dal Waldschwimmbad, ora destinato ad ospitare un grande albergo, è stato trasferito al Birkengrund rimanendo comunque in di Oberthausen.

Lo staff di Herr Vath ce l’ha messa tutta per rassicurare il pubblico sulla qualità della nuova sistemazione e, proprio per questo, la delusione è stata ancora più grande: dove erano stati promessi verdi prati ci sono asfalto e sterpaglie, dove ci si era illusi di sguazzare allegramente in un placido laghetto blue ci sono enormi hangar para militari.

Insomma più che lo splendido ed intimo party cui eravamo abituati ci siamo trovati nel bel mezzo della versione estiva del Time Warp, evento ormai da anni votato al marketing e alle masse.

Il disappunto impiega pochi minuti a diffondersi tra gli habituè del G&B, per la maggior parte ragazzi del posto, che vedono la loro festa preferita, da sempre intima e rilassata, diventare un carnaio turistico dove non c’è nemmeno lo spazio per stendere i plaid per il classico picnic di fine estate.

A farci ritrovare parzialmente il buon umore ci pensa però Cassy. La Dj (ormai) berlinese, prima ad esibirsi sul palco blue dalle 10 all’una, ci vuole bene e capisce la nostra amarezza così, col suo immancabile sorriso, ci abbraccia dolcemente con un set house morbido, allegro, dove il funk è protagonista ed ogni nota dipinge l’aria di un colore diverso.

Puntuale arriva il cambio di consolle con il live dei rientranti Swayzak. Arrivati al successo grazie a produzioni minimal house ed electro, il duo inglese dopo una lunga carriera iniziata nei primi anni ‘90 negli ultimi tempi si era preso una pausa di riflessione da dedicare ai rispettivi progetti solisti, per poi ritornare insieme quest’anno ripubblicando il loro album d’esordio Snowboarding in Argentina in versione remastered.

In pochi minuti i grigi nuvoloni che coprono Oberthausen diventano granitici e soffocanti, il dub assorbe ogni cosa che incontra mentre un basso meccanico ara l’asfalto.

Nel frattempo sul main stage Radio Slave is in da house propinando una performance tanto anonima quanto lucida fotografia dell’attuale Dj trendy che ha scoperto ieri l’House Music e butta sul piatto qualche bonghetto a caso infarcito di hit vecchie di almeno un anno quale La Mezcla, il tutto naturalmente in formato mp3.

Fortuna che dopo c’è Jacek Sienkiewicz un artista vero che ha sempre dimostrato uno stile unico: il metallo viene fuso per creare lingotti di groove e le scintille che fuoriescono dagli stampi solleticano i tweeter con una firizzante distorsione. Si chiude con un bel pezzo anni ‘70 a base di chitarre acide ed inni all’amore universale, assist perfetto per papà Sven Vath che per l’occasione (probabilmente intuendoil malumore generale) ha optato per atmosfere baleariche tutto chitarrine e buoni sentimenti.

Flashback: alle 14 davanti al palco blue si raduna la curva della nazionale italiota sventolando tricolori ed il loro bisogno di droghe. Comincia il set di Marco Carola.

Marco è uno di quei Dj che ho amato fin dall’inizio, una guida nell’universo della musica Techno, ed è per questo che adesso sono spietato nei suoi confronti (come per Richie “I want the money” Hawtin). Questa era la sua prova del nove, l’appello finale in cui dimostrare che lui la classe non l’ha mai persa, ed invece dopo un inizio incoraggiante dal gusto funkettone eccolo ricadere nella banalità di questi anni: tre ore di ritmiche ottenute facendo rimbalzare alternativamente un Tango e un Supertele, al posto dei mitici tre piatti un pc col solito mortale delay che ormai pompano pure sui treni di Tozeur.

Eppure va detto che ad un tratto succede qualcosa, un brivido sale lungo la schiena e gli infiamma il volto, dalle casse risorgono i suoni della Zenit che per 20 minuti provano a svegliare quel branco di zombie senza colpo ferire. L’incantesimo finisce, la noia ci condanna a migrare all’ombra del terzo palco, il solo ad essere in-door.

L’uomo delle trombette, Sis, sta letteralmente incendiando il dancefloor con un groove tiratissimo su cui decollano loop di fiati, senza comunque cadere nell’autocelebrazione suonando le sue hits più famose. Perfomance sicuramente di ottimo livello ma c’è un pò di amaro in bocca per quella sensazione da live p.a. per cui basta schiacciare play sul computer e quindi potersi scaricare la posta in pace.

Tobi Neumann e Onur “sorcino” Ozer col progetto Sensitiva mettono in piedi un show colorato ed energetico non male anche se forse troppo ripetitivo.

Il tempo di una raffinata cena con bratwurst und pommes frittes a la carte e ci godiamo il miglior dj set della serata, serio candidato a djset of the year (e non vi dico le bestemmie sul fatto di essere in un parcheggio anzichè in mezzo ai salici…).

Ricardo Villalobos ha preso possesso del suo blue floor dando vita ad una performance al di là di ogni definizione: ecco dove si vede l’Estro dell’Artista, la capacità di plasmare suoni diversi in una scultura armonicamente uniforme ma che a seconda dell’angolazione da cui la si ammira offre differenti riflessi.

E così gorgoglii di Tb-303 ipnotizzano i ballerini, chitarre gitane li scuotono ed eteree sinfonie li cullano.

Ormai non si può più parlare di minimal techno, Ricardo è andato ben oltre gli schemi del genere, la Musica viene messa davanti a qualsiasi sforzo di catalogazione, ricercando suoni nuovi e strutturati sulla via tracciata molto tempo prima dalla magica Triade veneta; peccato che da noi nessuno recepì il prezioso insegnamento.

Per il gran finale con fuochi d’artificio torniamo da Sven che saluta tutti con alcuni classici acid house anni ‘90 abbracciato dall’immancabile mamma raver.

L’after al Cocoon Club, però, è l’ennesima delusione della giornata: Cassy e Villalobos pur essendo ottimi Dj’s non si completano a vicenda (come invece avviene quando affianco al pennellone c’è Raresh) ed il back to back è un lungo loop house che sebbene di buona fattura non ci permette di superare la stanchezza accumulata per cui alle 03.00 prendiamo la strada di casa.

La definitiva commercializzazione di un evento come il G&B segna la momentanea fine creativa della scena di Francoforte che, al contrario di quella berlinese (dove non a caso si è trasferito il Villa), è troppo piccola e monopolistica per godere di rinnovamenti costanti, ed anche se si dovesse riprendere non avrei comunque più il mio bel prato su cui poter festeggiare.

Federico Spadavecchia

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